Cambiamento. Questa è stata la parola che ha accompagnato con più insistenza questo mio primo anno di sperimentazione con il WRW. Cambiamento di punto di vista, di obiettivi, di priorità nella mia didattica, di metodi e materiali, di approccio con i miei studenti e le mie studentesse.
Ma il cambiamento, soprattutto per la mia classe terza, quest’anno doveva necessariamente fare i conti con quell’impalcatura piuttosto vincolante rappresentata dalle specifiche richieste dell’esame di conclusione del primo ciclo (programma, modalità di conduzione dell’esame, obiettivi posti dal dipartimento ecc.).
Così, quando si è trattato di pianificare le attività di reading e in particolare quelle di letteratura, ho ritenuto che venire a patti fosse la strada più percorribile e ciò ha significato proporre una serie di classici in forma antologica ma attraverso una modalità di lettura profonda (insightful, per dirla con la Atwell) cioè penetrante, dall’interno e capace di smontare (unpack) e scomporre il testo al fine di riconoscerne intimamente la struttura.
Il tutto però con una sola finalità: mettere al centro l’attività critica dello studente, scardinando l’impostazione tradizionale della didattica della letteratura secondo cui IO-docente interpreto e TU-studente passivamente ricevi e pedissequamente riproponi un’interpretazione preconfezionata e rendendo il testo vivo perché prepotentemente significativo.
Per ottenere questo obiettivo, riscrittura di poesie a schema fisso (versione meno rigida del ricalco) e la riscrittura di un pezzo letterario, mi sono sembrati la soluzione più adatta: mi pareva rispondessero all’esigenza di entrare in modo profondo nel testo, evitando però la pratica convenzionale del commento, e di trasformarlo in uno straordinario vettore di interpretazioni personali basate tuttavia su evidenze testuali.
Avevo visto utilizzare la riscrittura di poesie a schema fisso con risultati sorprendenti da Loretta De Martin ne Il passero solitario di G. Leopardi: ma come applicare la tecnica della riscrittura ad un pezzo in prosa?
La mia attività di reading ha preso dunque questa forma:
-
ho proposto alla classe la lettura di due brani, spesso riportati nelle antologie, tratti da due celebri romanzi sulla prima guerra mondiale: “La sigaretta” tratto da Un anno sull’altipiano di E. Lussu e “Io non ti volevo uccidere” da Niente di nuovo sul fronte occidentale di E. M. Remarque;
-
il percorso dal titolo “Il nemico”, è iniziato con la visione di uno spezzone del film La Grande Guerra di M. Monicelli che anticipa argomento e tema presenti nei due testi letterari. Addirittura il frammento di pellicola condivide con Lussu la stessa scena-momento topico;
-
dopo la lettura, a gruppi di tre, gli alunni e le alunne sono stati invitati a individuare e confrontare scenario, argomento e temi presenti nei testi. Personalmente, per farlo, ho optato per la formula più snella della discussione e successiva condivisione ma si possono usare in alternativa strumenti più strutturati come le tabelle a T. L’importante è che dai lavori di gruppo emergano le congruenze fra i testi.
Lo scenario e l’argomento infatti risultano identici o molto simili.
Lo scenario comune a tutti i testi è quello della prima guerra mondiale. In Monicelli e Lussu, il protagonista – un soldato – si trova casualmente a tu per tu con un nemico inerme e ignaro del pericolo e tuttavia non riesce a premere il grilletto e uccidere un uomo a sangue freddo. Nel testo di Remarque invece il protagonista, mosso dall’istinto di sopravvivenza, ferisce il nemico per poi subito pentirsene e provare la cocente necessità di portargli soccorso allo scopo di alleviare il proprio feroce senso di colpa.
I temi invece sono emersi prepotentemente nel rispondere alle domande-stimolo: cosa impedisce al protagonista di sparare? Cosa lo spinge a provare compassione per il nemico?
La chiave sta nell’individuare il momento topico, che tutti i gruppi hanno facilmente riconosciuto. In Monicelli e Lussu, per esempio, il nemico compie semplicemente l’atto di accendersi una sigaretta e prepararsi una tazza di caffè. Questi gesti banali, quotidiani, normali innescano il corto circuito nel cervello del protagonista. Qualcosa nella sua testa fa click, il pensiero si riattiva e con esso anche l’immedesimazione, l’empatia verso l’altro che da nemico diventa semplicemente un uomo. A questo punto, uccidere non è più un’opzione disponibile.
Conclusa questa fase, è iniziato il vero e proprio lavoro di RISCRITTURA.
Innanzitutto, ho chiesto ad ogni alunno/alunna di lavorare individualmente scegliendo uno fra i testi proposti, e poi sforzandosi di inventare un diverso momento topico, di vestire cioè i panni dello scrittore e creare una nuova situazione di rottura, di non ritorno, quella condizione psicologica, cioè, in cui il protagonista è come folgorato da un’intuizione: il nemico è semplicemente un essere umano e questa consapevolezza cambia il modo di vedere la guerra e la vita.
Ecco allora che Sofia P. immagina che il suo protagonista, pochi istanti prima di premere il grilletto, noti una lacrima rigare il volto del nemico, una lacrima forse di pentimento, forse solo di smarrimento… quell’unica lacrima è tuttavia sufficiente a fermare la mano omicida del protagonista (“una lacrima riga il volto del nemico…e perché dovrei sparare?”).
Simon C. descrive invece la frazione di secondo in cui gli occhi del protagonista intercettano lo sguardo del nemico lì di fronte a lui, inerme, impreparato. Quegli istanti bastano per leggerne la paura… è lo stesso cupo terrore che il protagonista ha più volte sperimentato in guerra. Risultato? Non spara (“i suoi occhi sono pieni di terrore… gli uomini non vivono per combattere e uccidere”).
Infine Matilde B. Il suo protagonista sorprende un nemico solo, ignaro del pericolo presso uno stagno. La prima reazione è quella di caricare e puntare l’arma, ma nel prendere la mira ecco un ricordo di giochi infantili legati a un simile contesto: il laghetto vicino a casa e i tanti compagni di una spensierata fanciullezza. In quell’immagine-memoria i pensieri del protagonista inciampano e di conseguenza… non spara! (“l’incertezza nel compiere quel gesto che può portare via una vita”).
Di questo tenore sono, nel complesso, anche gli altri testi del gruppo classe. E così rileggendoli, è sorta in me l’urgenza di scomodare Romano Luperini per risolvere un dubbio circa il significato e la validità dell’attività proposta. In uno dei suoi saggi il critico afferma: “Ogni lettura criticamente avvertita di un testo letterario presuppone l’intreccio di due diversi momenti: il commento e l’interpretazione che non vanno confusi tra loro”.
Tecnicamente, per parafrasare Luperini, il commento consiste nella restituzione dei dati oggettivi, nell’analisi e nel rinvenimento di evidenze testuali che consentono l’interpretazione la quale rappresenta “il contenuto di verità o, se si preferisce, il significato per noi”.
A questo punto il dubbio iniziale si è sciolto e l’attività di riscrittura ha finalmente assunto, ai miei occhi, un senso e una collocazione: essa potrebbe rappresentare una fase intermedia in un percorso graduale di acquisizione di strumenti e conoscenze funzionali ad una lettura critica esperta.
E infatti gli alunni/le alunne si avvicinano per gradi al commento letterario quando riprendono il contesto e l’ambientazione del testo originale, vi inseriscono i propri protagonisti che si muovono, dialogano e pensano coerentemente; inoltre riconoscono e ricreano il momento topico imitando l’originale e, in alcuni casi, riproponendo le tecniche narrative dell’autore (suspense, fai un film, pensieri ecc.).
Arriviamo ora alla fase dell’interpretazione e quindi della restituzione del tema. Con la riedizione del momento topico, gli alunni/le alunne mi avevano già dimostrato di aver colto il messaggio degli autori, ma poi ecco la sorpresa inaspettata: nella riscrittura attraverso i dialoghi, i pensieri, le riflessioni dei loro personaggi, ho notato l’evolversi del tema centrale che finiva per assumere sfumature diverse e intrecciare connessioni differenti e originali. Ecco dunque che mi ritrovavo a leggere la loro personale rielaborazione.
Il testo di Sofia P. recita: “ad un tratto qualcosa scattò in me come una molla. Era come se quella tenda di odio che mi copriva gli occhi si fosse aperta lasciandomi vedere la realtà. E tutto per quella lacrima, quell’unica lacrima di quell’uomo… ho capito che noi ragazzi, in guerra, siamo tutti uguali e diversi solo per luogo di nascita. Questa cosa mi sembra molto ingiusta: perché un uomo che piange come me, deve essere ucciso per la patria? E cos’è la patria se non un’astrazione?”.
Come non vedere affiorare in queste righe un nuovo tema, quello del significato di patria e di patriottismo, di nazione, forse di fratellanza al di là dei confini imposti dagli Stati?
Ecco poi Matilde: “ognuno si rende conto che il soldato che ha davanti potrebbe essere proprio quel bambino con cui un tempo giocava felice e spensierato. In pochi istanti un’infinità di emozioni attraversa il cuore dei due soldati. Prima la paura della morte, poi l’incertezza nel compiere quel piccolo movimento che può portare via una vita, poi la nostalgia di un tempo di pace di un’infanzia senza pensieri e infine una comprensione nuova: dietro la divisa di un soldato c’è l’anima di un bambino innocente”.
Anche qui il messaggio dei testi di partenza si veste di uno spunto di riflessione nuovo e certamente non contenuto negli originali: gli uomini anche in situazioni drammatiche come la guerra, possono riscoprire in sé l’innocenza e la purezza d’animo di un bambino, se solo lo vogliono.
A voler quindi sintetizzare tutto il ragionamento in pochi punti, si può affermare che:
-
la riscrittura rappresenta una ricca e stimolante pratica propedeutica al COMMENTO che rimane una forma più organizzata e consapevole di riflessione critica.
-
la riscrittura, veicolando temi e messaggi dell’autore o addirittura rielaborandoli in modo originale e personale, costituisce un’occasione per sperimentare forme, per quanto ancora inesperte e ingenue, di INTERPRETAZIONE e di ricerca del “significato per noi”.
Concludendo, ritengo che in questo momento di crisi della didattica della letteratura in cui spesso si fatica a trovare un senso e un’utilità nel proporla in classe, la riscrittura potrebbe rappresentare uno degli strumenti per realizzare “la fusione fra il mondo del testo e il mondo del lettore” (Luperini), a patto che i testi riescano a parlare al lettore e che il lettore accolga la sfida di parlare di se stesso attraverso i testi.
Sitografia e Bibliografia
M. Berenghi, A cosa serve la letteratura? in https://www.doppiozero.com/materiali/cosa-serve-la-letteratura
Romano Luperini, Per un nuovo paradigma didattico, in http://corsi.unica.it/pas/files/2014/03/Luperini-R.-2013-Per-un-nuovo-paradigma-didattico.pdf
R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, ed. Manni, Lecce, 2013
N. Atwell, In the Middle, Heinemann, 1987 e successive riedizioni
A. Chambers, Il lettore infinito, ed. Equilibri, Modena, 2015.
Roberta Frasson
Dopo un incredibile quinquennio di studio e lavoro a Londra e svariati anni di impiego in un’azienda italiana nel settore delle risorse umane, ho ritrovato nell’insegnamento la mia dimensione più vera, il mio elemento. Da oltre dieci anni sono docente di materie letterarie nella scuola secondaria inferiore… e non ho rimpianti.
Siamo un gruppo di docenti di Lettere della Scuola Primaria, Secondaria di Primo e Secondo grado provenienti da regioni, città e scuole diverse.
Ci accomunano la passione per l’insegnamento, la voglia di metterci in gioco ed il desiderio di fare dei nostri studenti scrittori competenti e “lettori a vita”.
Scrivere la guerra. Un percorso di Reading Workshop tra riscrittura e rielaborazione
Cambiamento. Questa è stata la parola che ha accompagnato con più insistenza questo mio primo anno di sperimentazione con il WRW. Cambiamento di punto di vista, di obiettivi, di priorità nella mia didattica, di metodi e materiali, di approccio con i miei studenti e le mie studentesse.
Ma il cambiamento, soprattutto per la mia classe terza, quest’anno doveva necessariamente fare i conti con quell’impalcatura piuttosto vincolante rappresentata dalle specifiche richieste dell’esame di conclusione del primo ciclo (programma, modalità di conduzione dell’esame, obiettivi posti dal dipartimento ecc.).
Così, quando si è trattato di pianificare le attività di reading e in particolare quelle di letteratura, ho ritenuto che venire a patti fosse la strada più percorribile e ciò ha significato proporre una serie di classici in forma antologica ma attraverso una modalità di lettura profonda (insightful, per dirla con la Atwell) cioè penetrante, dall’interno e capace di smontare (unpack) e scomporre il testo al fine di riconoscerne intimamente la struttura.
Il tutto però con una sola finalità: mettere al centro l’attività critica dello studente, scardinando l’impostazione tradizionale della didattica della letteratura secondo cui IO-docente interpreto e TU-studente passivamente ricevi e pedissequamente riproponi un’interpretazione preconfezionata e rendendo il testo vivo perché prepotentemente significativo.
Per ottenere questo obiettivo, riscrittura di poesie a schema fisso (versione meno rigida del ricalco) e la riscrittura di un pezzo letterario, mi sono sembrati la soluzione più adatta: mi pareva rispondessero all’esigenza di entrare in modo profondo nel testo, evitando però la pratica convenzionale del commento, e di trasformarlo in uno straordinario vettore di interpretazioni personali basate tuttavia su evidenze testuali.
Avevo visto utilizzare la riscrittura di poesie a schema fisso con risultati sorprendenti da Loretta De Martin ne Il passero solitario di G. Leopardi: ma come applicare la tecnica della riscrittura ad un pezzo in prosa?
La mia attività di reading ha preso dunque questa forma:
Lo scenario e l’argomento infatti risultano identici o molto simili.
Lo scenario comune a tutti i testi è quello della prima guerra mondiale. In Monicelli e Lussu, il protagonista – un soldato – si trova casualmente a tu per tu con un nemico inerme e ignaro del pericolo e tuttavia non riesce a premere il grilletto e uccidere un uomo a sangue freddo. Nel testo di Remarque invece il protagonista, mosso dall’istinto di sopravvivenza, ferisce il nemico per poi subito pentirsene e provare la cocente necessità di portargli soccorso allo scopo di alleviare il proprio feroce senso di colpa.
I temi invece sono emersi prepotentemente nel rispondere alle domande-stimolo: cosa impedisce al protagonista di sparare? Cosa lo spinge a provare compassione per il nemico?
La chiave sta nell’individuare il momento topico, che tutti i gruppi hanno facilmente riconosciuto. In Monicelli e Lussu, per esempio, il nemico compie semplicemente l’atto di accendersi una sigaretta e prepararsi una tazza di caffè. Questi gesti banali, quotidiani, normali innescano il corto circuito nel cervello del protagonista. Qualcosa nella sua testa fa click, il pensiero si riattiva e con esso anche l’immedesimazione, l’empatia verso l’altro che da nemico diventa semplicemente un uomo. A questo punto, uccidere non è più un’opzione disponibile.
Conclusa questa fase, è iniziato il vero e proprio lavoro di RISCRITTURA.
Innanzitutto, ho chiesto ad ogni alunno/alunna di lavorare individualmente scegliendo uno fra i testi proposti, e poi sforzandosi di inventare un diverso momento topico, di vestire cioè i panni dello scrittore e creare una nuova situazione di rottura, di non ritorno, quella condizione psicologica, cioè, in cui il protagonista è come folgorato da un’intuizione: il nemico è semplicemente un essere umano e questa consapevolezza cambia il modo di vedere la guerra e la vita.
Ecco allora che Sofia P. immagina che il suo protagonista, pochi istanti prima di premere il grilletto, noti una lacrima rigare il volto del nemico, una lacrima forse di pentimento, forse solo di smarrimento… quell’unica lacrima è tuttavia sufficiente a fermare la mano omicida del protagonista (“una lacrima riga il volto del nemico…e perché dovrei sparare?”).
Simon C. descrive invece la frazione di secondo in cui gli occhi del protagonista intercettano lo sguardo del nemico lì di fronte a lui, inerme, impreparato. Quegli istanti bastano per leggerne la paura… è lo stesso cupo terrore che il protagonista ha più volte sperimentato in guerra. Risultato? Non spara (“i suoi occhi sono pieni di terrore… gli uomini non vivono per combattere e uccidere”).
Infine Matilde B. Il suo protagonista sorprende un nemico solo, ignaro del pericolo presso uno stagno. La prima reazione è quella di caricare e puntare l’arma, ma nel prendere la mira ecco un ricordo di giochi infantili legati a un simile contesto: il laghetto vicino a casa e i tanti compagni di una spensierata fanciullezza. In quell’immagine-memoria i pensieri del protagonista inciampano e di conseguenza… non spara! (“l’incertezza nel compiere quel gesto che può portare via una vita”).
Di questo tenore sono, nel complesso, anche gli altri testi del gruppo classe. E così rileggendoli, è sorta in me l’urgenza di scomodare Romano Luperini per risolvere un dubbio circa il significato e la validità dell’attività proposta. In uno dei suoi saggi il critico afferma: “Ogni lettura criticamente avvertita di un testo letterario presuppone l’intreccio di due diversi momenti: il commento e l’interpretazione che non vanno confusi tra loro”.
Tecnicamente, per parafrasare Luperini, il commento consiste nella restituzione dei dati oggettivi, nell’analisi e nel rinvenimento di evidenze testuali che consentono l’interpretazione la quale rappresenta “il contenuto di verità o, se si preferisce, il significato per noi”.
A questo punto il dubbio iniziale si è sciolto e l’attività di riscrittura ha finalmente assunto, ai miei occhi, un senso e una collocazione: essa potrebbe rappresentare una fase intermedia in un percorso graduale di acquisizione di strumenti e conoscenze funzionali ad una lettura critica esperta.
E infatti gli alunni/le alunne si avvicinano per gradi al commento letterario quando riprendono il contesto e l’ambientazione del testo originale, vi inseriscono i propri protagonisti che si muovono, dialogano e pensano coerentemente; inoltre riconoscono e ricreano il momento topico imitando l’originale e, in alcuni casi, riproponendo le tecniche narrative dell’autore (suspense, fai un film, pensieri ecc.).
Arriviamo ora alla fase dell’interpretazione e quindi della restituzione del tema. Con la riedizione del momento topico, gli alunni/le alunne mi avevano già dimostrato di aver colto il messaggio degli autori, ma poi ecco la sorpresa inaspettata: nella riscrittura attraverso i dialoghi, i pensieri, le riflessioni dei loro personaggi, ho notato l’evolversi del tema centrale che finiva per assumere sfumature diverse e intrecciare connessioni differenti e originali. Ecco dunque che mi ritrovavo a leggere la loro personale rielaborazione.
Il testo di Sofia P. recita: “ad un tratto qualcosa scattò in me come una molla. Era come se quella tenda di odio che mi copriva gli occhi si fosse aperta lasciandomi vedere la realtà. E tutto per quella lacrima, quell’unica lacrima di quell’uomo… ho capito che noi ragazzi, in guerra, siamo tutti uguali e diversi solo per luogo di nascita. Questa cosa mi sembra molto ingiusta: perché un uomo che piange come me, deve essere ucciso per la patria? E cos’è la patria se non un’astrazione?”.
Come non vedere affiorare in queste righe un nuovo tema, quello del significato di patria e di patriottismo, di nazione, forse di fratellanza al di là dei confini imposti dagli Stati?
Ecco poi Matilde: “ognuno si rende conto che il soldato che ha davanti potrebbe essere proprio quel bambino con cui un tempo giocava felice e spensierato. In pochi istanti un’infinità di emozioni attraversa il cuore dei due soldati. Prima la paura della morte, poi l’incertezza nel compiere quel piccolo movimento che può portare via una vita, poi la nostalgia di un tempo di pace di un’infanzia senza pensieri e infine una comprensione nuova: dietro la divisa di un soldato c’è l’anima di un bambino innocente”.
Anche qui il messaggio dei testi di partenza si veste di uno spunto di riflessione nuovo e certamente non contenuto negli originali: gli uomini anche in situazioni drammatiche come la guerra, possono riscoprire in sé l’innocenza e la purezza d’animo di un bambino, se solo lo vogliono.
A voler quindi sintetizzare tutto il ragionamento in pochi punti, si può affermare che:
Concludendo, ritengo che in questo momento di crisi della didattica della letteratura in cui spesso si fatica a trovare un senso e un’utilità nel proporla in classe, la riscrittura potrebbe rappresentare uno degli strumenti per realizzare “la fusione fra il mondo del testo e il mondo del lettore” (Luperini), a patto che i testi riescano a parlare al lettore e che il lettore accolga la sfida di parlare di se stesso attraverso i testi.
Sitografia e Bibliografia
M. Berenghi, A cosa serve la letteratura? in https://www.doppiozero.com/materiali/cosa-serve-la-letteratura
Romano Luperini, Per un nuovo paradigma didattico, in http://corsi.unica.it/pas/files/2014/03/Luperini-R.-2013-Per-un-nuovo-paradigma-didattico.pdf
R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, ed. Manni, Lecce, 2013
N. Atwell, In the Middle, Heinemann, 1987 e successive riedizioni
A. Chambers, Il lettore infinito, ed. Equilibri, Modena, 2015.
Roberta Frasson
Dopo un incredibile quinquennio di studio e lavoro a Londra e svariati anni di impiego in un’azienda italiana nel settore delle risorse umane, ho ritrovato nell’insegnamento la mia dimensione più vera, il mio elemento. Da oltre dieci anni sono docente di materie letterarie nella scuola secondaria inferiore… e non ho rimpianti.
Siamo un gruppo di docenti di Lettere della Scuola Primaria, Secondaria di Primo e Secondo grado provenienti da regioni, città e scuole diverse.
Ci accomunano la passione per l’insegnamento, la voglia di metterci in gioco ed il desiderio di fare dei nostri studenti scrittori competenti e “lettori a vita”.