Ripensarci insieme – terza parte: il Laboratorio di scrittura

Ripensarci insieme – terza parte: il Laboratorio di scrittura

Ascolta i NON DEVI, bambino,
ascolta i NON C’È, 
ascolta i NON PUOI,
gli IMPOSSIBILE, i MACCHÉ,
ascolta i NON SOGNARTI,
ma dopo ascoltami un po’:

tutto può succedere, bambino,
TUTTO si può.

(Shel Silverstein)

 

It’s astounding
time is fleeting
madness takes its toll
but listen closely
not for very much longer 
I’ve got to keep control

(Riff Raff e Magenta, Rocky Horror Picture Show)



Questa ultima parte dell’articolo sulla ripartenza della scuola intende esplorare ipotesi che ci permettano  di riportare in classe in modo sostenibile il Writing Workshop (link alla prima parte, link alla seconda parte). 

Se infatti per il laboratorio di lettura abbiamo visto che la situazione è molto complessa soprattutto per quel che riguarda la scelta e la gestione degli spazi, per quello di scrittura la vera sfida sarà, oltre alle consulenze e ai momenti di confronto tra pari, una gestione semplice e pratica dei materiali. 

 

Le domande-guida che ci accompagneranno nella riflessione sono uguali a quelle del laboratorio di lettura, ma ciascuno può formularne di specifiche in base alla realtà in cui si troverà a lavorare:

  • perché ho scelto l’approccio del Writing Workshop?
  • quali obiettivi mi prefiggo di raggiungere?
  • a quali pratiche non intendo rinunciare? e perché?
  • come posso adattarle rispettando le norme anti contagio?
  • ci sono pratiche che ho utilizzato durante la didattica a distanza che possono venirmi in aiuto?

 

PROCESSO E SCRITTURA AUTONOMA

Il processo di scrittura, almeno lui, può essere considerato uno dei punti fermi che ci aiuteranno a ristabilire una routine in classe. Sarà però importante ridurre al minimo i materiali e, soprattutto, il loro andirivieni tra casa e scuola. Quali sono gli strumenti indispensabili da tenere in classe? Quali possono essere utilizzati solo a casa? Come gestire il flusso di lavoro dal taccuino alla pubblicazione, passando per le bozze? 

Non esiste un’unica soluzione, molto dipenderà dalla scuola in cui lavorate (ci sono classi 2.0 o 3.0? Nel regolamento di istituto è previsto il BYOD?) e da quanto di conseguenza sarà possibile smaterializzare. In ogni caso potrebbe essere utile, dopo essersi chiariti per bene le idee, preparare un breve vademecum del laboratorio per alunni e genitori, oltre a dedicare momenti regolari delle prime settimane di scuola a far conoscere la piattaforma di Istituto e le modalità di gestione dei documenti condivisi, in modo da risparmiare incertezze e pasticci più avanti nell’anno.

 

MINILESSON 

La struttura compatta, focalizzata e prevedibile della minilesson, proprio come l’approccio fortemente procedurale del WRW, ha reso più semplice il nostro modo di fare didattica a distanza. Di ritorno in classe, ossessionati dalla gestione proficua del tempo che non è mai abbastanza, potrebbe essere utile prevedere modalità miste di accesso alle minilesson, registrando brevi video, caricandoli in piattaforma o in Drive organizzandoli in modo il più possibile intuitivo (per genere oppure trasversali? Prevedendo un unico file in cui trovano posto i link ai video divisi per categoria?). Così saranno facilmente consultabili dagli alunni sia da casa che, con il proprio dispositivo, in classe.

In questo modalità, che strizza l’occhio alla flipped classroom, sarà possibile salvaguardare il tempo della scrittura e della condivisione (quest’ultimo, per lavorare sulla costruzione o ricostruzione della comunità, potrebbe essere ampliato e comprendere anche, come dicevamo, “consulenze aperte”).

 

CONSULENZE

Le consulenze di scrittura presentano una difficoltà ulteriore rispetto a quelle di lettura: se per queste può a volte bastare un confronto tra due lettori (sia che si tratti di una consulenza alunno-docente che di una consulenza tra pari), per le prime è sempre necessario avere il testo davanti e confrontarsi su un aspetto della scrittura. Credo che le possibili soluzioni che abbiamo ipotizzato per il laboratorio di lettura potrebbero andare bene anche per quelle di scrittura (qui l’articolo sulla ripartenza nel laboratorio di lettura) 

 

RACCOLTA E CONSERVAZIONE MATERIALI 

Questo aspetto del laboratorio dipenderà davvero dagli spazi e dalle decisioni di ciascuna scuola, ma  sarà forse utile porsi alcune domande nel momento di programmare: avrò un armadio in classe? Sarà possibile riporvi materiali? Dopo quanto tempo potrò riportare in classe i pezzi finiti e valutati (se si lavorerà in cartaceo)? Come archivierò le bozze (se la pubblicazione avverrà in digitale mentre la prima parte del processo in analogico)? Potrebbe bastare una scatola di plastica da affiancare a quella della “quarantena” dei libri (se lo spazio in aula lo permette)? 

Nelle nostre classi sarebbe importante poter avere ancora accesso all’archivio dei pezzi finiti per lavorare sulla metacognizione (come scrivevo due anni fa o a inizio anno? E ora?) e per lasciare la possibilità di modificare un pezzo, in modo da rendere concreta l’idea di scrittura come revisione ciclica.

 

TACCUINO

Rubo una massima di Linda Cavadini che ritengo molto vera: “il laboratorio può esistere senza taccuino, ma non esiste taccuino senza laboratorio”. Questo per dire che alcuni di noi potrebbero anche decidere di non utilizzare il taccuino, ma di raccogliere tutto (strategie e annotazioni) in un unico quaderno (come Nancie Atwell, del resto). Chi invece, come me, non intende rinunciare ad uno strumento che, se accompagnato con costanza, può diventare un ponte che supera la divisione tra scrittura “autentica” e scrittura “scolastica” e che sicuramente è un oggetto simbolico  attorno cui si riconosce la nostra comunità di lettori e scrittori, si dovrà porre il problema della raccolta periodica dei taccuini. Quanto e come li raccoglierò? Potrò portarli subito a casa o è meglio tenerli in “quarantena” qualche giorno? E quando li riporterò in classe quanto dovrò attendere prima di riconsegnarli? Certo, si può sempre optare per un taccuino digitale, o per una condivisione delle annotazioni mediante foto, senza scambio fisico del taccuino, compromessi più pratici e asettici che ciascuno valuterà se adottare o meno.

 

Queste domande, come le innumerevoli altre di cui è disseminato questo articolo, sono solo una parte dei dubbi che si aggrovigliano nelle nostre teste al ritmo del canto delle cicale, in questa estate che non è di certo “vacanza”, spazio vuoto che rivendica la libertà di restare vuoto, anche dai pensieri. 

Una cosa è sicura, in tanta incertezza: va bene immaginare diversi scenari (per usare una metafora molto in voga in viale Trastevere), va bene preparare diversi piani, ma più preziosa di tutte è la capacità di restare in attesa, di non pretendere di avere il controllo su ogni aspetto del nostro lavoro e di prepararci ad ascoltare gli altri membri della nostra comunità: i ragazzi. Ci stupiranno di certo con idee che non avevamo nemmeno immaginato e che funzioneranno. Potete scommetterci.



Questo articolo è nato da una riflessione (sempre in fieri!) condivisa insieme a Maria Aprosio, Ilaria Bernecich, Linda Cavadini, Barbara Licastro, Agnese Pianigiani e Romina Ramazzotti, che ringrazio di cuore.

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