Ripensarci insieme – seconda parte: il Laboratorio di lettura
“Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà”
(Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore)
“Questo qui per lungo tempo ho osservato: durante tutta la sua vita lui guardato lontano, al futuro, all’orizzonte! Mai la sua mente su dove lui era! Su ciò che faceva!”
(Maestro Yoda, L’impero colpisce ancora)
Continua in questo articolo l’inventario provvisorio di ipotesi su come ripartire a settembre con il WRW in questo tempo di incertezza. (Qui il link alla prima parte). Si tratta della sintesi di riflessioni, tante domande e qualche idea che ho raccolto chiedendo aiuto agli IWT, perciò non intende proporre soluzioni ma piuttosto tentare qualche pista di ragionamento sulla ripartenza attraverso domande-guida cui ciascuno tenterà di dare risposta, per quanto fragile.
Perché una cosa è certa: dopo tanto chiacchiericcio social, tanti proclami e interviste ad intellettuali illustri, come ogni settembre saremo noi ad entrare in classe armati di sorriso, entusiasmo, preparazione e un canovaccio di programmazione da reinventare in continuazione.
Bando alle ciance, quindi: come stiamo ipotizzando di far rivivere il laboratorio di lettura in emergenza?
Anche in questo caso, è bene ricordare le motivazioni all’origine delle nostre scelte e i nostri obiettivi:
- perché ho scelto l’approccio del Reading Workshop?
- quali obiettivi mi prefiggo di raggiungere?
- a quali pratiche non intendo rinunciare? e perché?
- come posso adattarle rispettando le norme anti contagio?
- ci sono pratiche che ho utilizzato durante la didattica a distanza che possono venirmi in aiuto?
LETTURA AD ALTA VOCE
Leggere ad alta voce è una pratica irrinunciabile nel RW. Attraverso la lettura ad alta voce costruiamo la comunità, la fondiamo sulla condivisione di storie, modelliamo strategie di lettura e di comprensione, ci esercitiamo in una palestra di democrazia in cui si negoziano significati partendo dal testo ed arrivando a noi, i lettori, e al nostro mondo.
Soprattutto nei primi mesi è importante impostare la routine di lettura ad alta voce “marinando” (per usare un termine caro a Nancie Atwell) i nostri alunni nelle storie e nelle poesie, ma è altrettanto importante garantirsi tempo per ripensare le letture fatte e discuterne insieme.
A questo proposito potrebbe essere utile condividere ogni tanto in piattaforma dei file audio delle nostre letture, come abbiamo fatto in DAD (racconti, o un romanzo alternando capitoli registrati a capitoli letti in presenza), soprattutto in vista dei passaggi che secondo noi susciteranno maggior confronto.
Un discorso a parte va fatto per gli albi illustrati. È facile scoraggiarsi ripensando al momento magico in cui ci ritrovavamo seduti a semicerchio attorno all’albo, pronti a goderci la storia e a discuterne insieme. Potremmo forse leggere proiettando le immagini alla LIM con una document-camera: perderemmo l’emozione di leggere stando accoccolati insieme e soprattutto rischieremmo di snaturare la complessità multimodale dell’albo, ma guadagneremmo la possibilità di notare insieme i dettagli presenti nelle illustrazioni. Per un uso esclusivamente didattico e interno forse sarà anche possibile caricare in piattaforma il PDF di alcune pagine su cui soffermarsi, individualmente o a piccoli gruppi. Ammetto che sono molto perplessa su questo punto, ammetto che non ho ancora deciso se attenderò tempi migliori per proporli in classe.
Come per la lettura ad alta voce di romanzi e racconti, potremmo forse portare avanti l’esperienza, che a distanza ha funzionato molto bene, di videoletture di albi per poi dedicare in classe un tempo disteso alla negoziazione dei significati, con o senza rilettura.
LETTURA AUTONOMA E GESTIONE DELLA BIBLIOTECA DI CLASSE
Ecco, siamo giunti alla prima delle “dolenti note”. Se infatti la lettura ad alta voce con qualche accorgimento può trovare spazio nella scuola e nelle aule che ci attendono, un altro discorso si deve fare per la lettura individuale, ai nostri occhi associata a ragazzi disseminati ovunque in classe: sotto i banchi, sotto la cattedra, negli angoli più nascosti (relativamente, viste le dimensioni medie delle aule) alla ricerca di improbabili e precari reading nook e comunque per noi strettamente legata alla biblioteca di classe.
Certo, abbiamo alunni con famiglie che investono sulla lettura anche economicamente, acquistando ai figli libri o portandoli in biblioteca; ma ne abbiamo tanti altri, spesso la maggior parte, che a casa non hanno libri. Come garantire a tutti accesso ad un’ampia e varia selezione, dando loro la sacrosanta libertà di scegliere e abbandonare un romanzo?
Centrale è la questione della sanificazione dei libri della biblioteca di classe, che non si sa neppure se potrà restare in classe. Forse una soluzione potrebbe essere quella di far prendere ai ragazzi tre-quattro libri per volta e dedicare un’ora al mese alle restituzioni, prevedendo uno spazio (una scatola di plastica? Una grande busta?) dove riporre i libri in quarantena (per quanti giorni? Avremo indicazioni in tal senso, anche a proposito di altri materiali come compiti e taccuini?)
Credo sarà comunque importante, per la serenità e la sicurezza di tutti, non avere fretta e soprattutto con le nuove classi attendere ad instaurare la routine di lettura autonoma e compensare immergendoci nella lettura condivisa.
CONSULENZE
Come dicevamo, le consulenze sono il cuore dell’individualizzazione nel laboratorio di lettura e sarà una sfida trovare un surrogato che possa, almeno in parte, funzionare.
Se il regolamento della scuola prevede la modalità BYOD, sarà forse possibile avviare brevi consulenze in chat, avendo cura di pianificare gli “incontri” in modo da garantire attenzione a tutti. Ricordiamo che per essere efficaci le consulenze devono essere brevi, incentrate su una sola strategia replicabile in diversi contesti, e questo dovrà valere ancor di più da settembre, quando ogni momento a nostra disposizione sarà ancor più prezioso.
Si potrebbe anche prevedere consulenze pomeridiane a cadenza mensile, per fare insieme il punto della situazione e condividere obiettivi a breve termine.
Chi in consulenza accerta anche la fluidità di lettura può farsi inviare dei brevi audio – anche registrati con lo smartphone, con l’accortezza di isolare il più possibile i rumori di fondo.
Per non perdere l’abitudine della consulenza in classe, forse al termine della sessione di lettura autonoma si potrebbe prevedere una “consulenza aperta”, per ragionare insieme su questioni comuni a partire da un’esperienza concreta: una sorta di ponte tra le consulenze e la condivisione vera e propria.
LAVORI DI CONDIVISIONE A COPPIE O PICCOLO GRUPPO
“Turn and talk”, “Chiedi a tre poi a me”, taccuino vagabondo, gruppi di discussione, circoli di lettura… sono tutte modalità di lavoro cui pare impossibile dover rinunciare. Come tentare delle alternative accettabili e sostenibili, sia da noi che dagli alunni? Anche queste attività, così importanti nel laboratorio di lettura, potrebbero essere svolte in modalità prevalentemente digitale (ove possibile il BYOD), se possibile su documenti condivisi (può essere utile che il docente prepari un format di presentazione a cui lavorare a piccoli gruppi in modalità collaborativa, un taccuino digitale di gruppo) o con delle app utilizzate a tale scopo, previo consenso del docente.
Una soluzione cartacea potrebbe essere l’uso di post-it personali da raccogliere in una busta al termine della lezione e da appendere a grandi organizzatori grafici (cartelloni-bacheca “interattivi”) preparati dall’insegnante, naturalmente dopo una ragionevole “quarantena”.
La comunità si costruisce attorno a tanti piccoli gesti di condivisione, quindi ogni occasione di scambio dovrebbe essere incentivata e favorita: in classe i gruppi di discussione e i circoli letterari “tradizionali” non sono possibili, ma perché non invitare i ragazzi ad organizzarli nel pomeriggio, al parco o a casa? Già incontrano gli amici, con tutte le precauzioni del caso, alcuni lettori forti potrebbero voler ritrovare il piacere di socializzare attraverso la lettura, e così anche quelli più fragili (e dopo tre mesi di DAD non dovremmo stupircene…). Il docente potrebbe accertarsi dei progressi e partecipare alle riflessioni in classe e attraverso documenti condivisi.
Per quanto riguarda il taccuino vagabondo, se non sarà possibile passarlo di mano in mano (dopo un periodo di permanenza in una scatola per la “decontaminazione”) si dovrà ripiegare su una soluzione digitale (Padlet, anche se un po’ farraginoso, un documento o una presentazione condivisa in Drive, un “libro” digitale condiviso ad esempio con Book Creator), in cui si perderebbe purtroppo la dimensione di “feticcio” che il taccuino collettivo assume. Una soluzione potrebbe essere aumentare le connotazioni rituali e affettive di questa attività dedicandole ampio spazio nella prima parte di una lezione, una volta alla settimana.
Fa paura vedere snocciolati in fila così tanti “non si può”, è paralizzante. Ecco perché l’unico consiglio sensato in questo momento è di confrontarci il più possibile con colleghi che condividono con noi orizzonti comuni, cercare insieme soluzioni praticabili e sostenibili e inventarsi tanti “e se invece…” che possano rassicurare almeno in parte noi e, di conseguenza, i nostri studenti.
Nella terza parte di questo articolo tenteremo di riflettere su come riportare in classe il laboratorio di scrittura evitando di cadere in pratiche magari più comode e semplici da gestire, ma sicuramente meno arricchenti ed efficaci.
Cadorina di nascita e carattere, padovana per destino, insegno (lettere) e imparo (molto altro) nella scuola secondaria di primo grado.