La biografia del pezzo. Una rivoluzione fattibile, passo dopo passo
A volte mi dicono: “Sì, bello, ma.”
A volte mi chiedono da dove partire.
A volte anche io mi sento disorientato, di fronte a tanta potenza: so che il WRW è ciò che voglio fare, ma non mi sento all’altezza o penso che non riuscirò mai a destreggiarmi tra tutti i cambiamenti, non riuscirò mai a gestire tutti i fili del processo.
Questa sensazione di impotenza, o di confusione, può essere calmata: nella pratica didattica, infatti, nella quotidiana pratica con le nostre classi possiamo scegliere di applicare intanto un aspetto del metodo, inserito con solidità all’interno della cornice di riferimento, per prendere confidenza e vedere magari in poco tempo qualche risultato positivo nei lavori dei nostri studenti e delle nostre studentesse.
In quest’articolo vorrei quindi non tanto parlavi del process paper (c’è chi lo sa fare meglio di me), ma suggerirvi la possibilità di utilizzare questo strumento per prendere confidenza con il laboratorio.
Il process paper (o biografia del pezzo) è un testo che gli studenti allegano al testo finito e che contiene una riflessione sul percorso svolto.
Le prime volte si può pensare di fornire alla classe delle domande guida, che non vanno intese come un questionario ma come una traccia: il testo, infatti, è più libero, a volte anche più personale; mostra le scelte, descrive le fasi attraversate, mette eventualmente in luce anche i passi ancora da compiere. Le domande possono riguardare, ad esempio, l’ideazione (“Come hai avuto l’idea?”, “Quali testi mentor ti sono stati più utili, e perché?”), le fasi di scrittura (“Hai utilizzato il taccuino?”, “Quante bozze hai steso? Su quali cambiamenti ti sei concentrato?”) o anche l’intero processo di scrittura. Inoltre, molto interessanti possono essere gli spunti dedicati a una prima forma di autovalutazione: quali aspetti potresti ancora migliorare? Che cosa ti convince particolarmente del tuo pezzo? Se potessi tornare indietro, cosa faresti in modo diverso?
In un secondo momento ho anche provato a lasciare liberi i miei studenti di scrivere ciò che volevano nel ripercorrere il loro processo di scrittura: qualcuno ha continuato a seguire le domande guida, ma altri si sono concentrati su un punto particolare che hanno ritenuto importante. Uno studente, per dire, ha raccontato tutto il processo di ideazione del suo testo argomentativo; un altro si è concentrato su tutti i dubbi ancora non risolti, ponendomi quindi delle domande a cui voleva una risposta!
L’introduzione del process paper ci fornisce numerosi spunti per una valutazione più accurata e personalizzata. Credo che il modo più semplice sia fare degli esempi.
Scrive Filippo: “Partendo dal fatto che io non sono bravo a scrivere, questa volta mi sono trovato molto meglio a lavorare in questo modo. Inizialmente ho fatto la scaletta nel taccuino e poi ho riportato tutto nel quaderno. Così avevo tutta la scaletta precisa per strutturare il tema. Non penso che questo tema sia ottimo, ma migliore dei precedenti”. Su cosa porta l’attenzione? Innanzitutto ha interiorizzato una strategia di scrittura: la famigerata scaletta, che io non avevo chiesto, è una sua scelta che gli ha permesso di “strutturare il tema”. Inoltre è interessante l’autovalutazione: reputa migliore il testo non solo per il risultato, ma anche per il modo in cui l’ha raggiunto. Importante è anche l’indicazione del processo di lavoro, perché spesso nella scrittura tradizionale tutte le fasi ci sfuggono e gli studenti si trovano a svolgere un compito inautentico, senza aver potuto scegliere la modalità con cui completare il lavoro.
Nell’esempio di Leonardo mi sembra molto interessante il racconto del processo di ideazione, che a noi insegnanti spesso è nascosto. Riporta la sua fonte di origine, e spiega poi come ha formulato il problema. Dal suo process paper si può partire per ragionare sull’uso delle fonti televisive nel testo argomentativo. Scrive così, a proposito del suo testo argomentativo su anoressia e social network: “Questo testo è nato guardando una puntata del programma “Le iene”; affascinato dalla tematica dell’anoressia mi sono imbattuto in un report dove a parlare era Valentina Dallari, vittima di questa malattia. Lei ha attribuito la colpa ai social network; e proprio in quel momento mi sono chiesto se essi abbiano contribuito davvero all’aumento dei casi di anoressia”.
Ancora, scrive Matteo: “Una delle difficoltà iniziali è stato un dubbio grammaticale. L’uso sbagliato di giornali e televisioni mi aveva lasciato un dubbio: si dice il Var o la Var? A mettere fine a questa questione è stata l’Accademia della Crusca, che interviene stabilendo che si può dire la Var se inteso come strumento tecnologico, mentre il Var se si intende i due assistenti dell’arbitro”. La biografia del pezzo fa luce sul processo linguistico: invece di chiedere all’insegnante (tra l’altro non avrei saputo cosa dirgli!), Matteo ha consultato delle fonti e in autonomia ha deciso di fidarsi dell’Accademia della Crusca. Non lo trovo per niente banale: si rivela un’attenzione per la parola e si dimostra che il lavoro sul lessico può essere condotto anche seguendo sentieri inaspettati.
Per chiudere, riporto il process paper di Nicola. È molto semplice e breve eppure efficace: spiega la genesi del pezzo, indica la strada ancora da percorrere, dà dimostrazione di aver interiorizzato alcune delle ML affrontate in classe. “L’idea per questa tipologia di tema mi è venuta in primis perché riguarderà il mio futuro lavorativo e poi grazie a mio padre, che mi tiene informato su questi progetti a salvaguardia dell’ambiente. In questo testo ho parlato e discusso di una sola parte del processo; ci sarebbe da parlare per ogni lavorazione [della pelle]. La punteggiatura non credo sia completamente corretta. Ho cercato il meno possibile di affermare argomenti senza prove”.
Come anche nei casi precedenti, non è detto che la forma sia perfetta: solitamente non intervengo su questi testi se non nei casi macroscopici perché li ritengo espressione autentica dei miei autori. Un process paper come questo, tuttavia, dimostra a tutti che possiamo partire da qui: l’introduzione ci richiede poco e ci permette di valutare i lavori dei nostri studenti non solo come prodotti ma soprattutto come processi.
Avevo due sogni: fare l’insegnante e scrivere. Il primo, intanto, l’ho realizzato.
Lavoro presso l’Istituto Tecnico “G. Galilei” di Arzignano, collaboro con l’Università degli Adulti di Vicenza, tengo corsi di scrittura. Parlo di libri con i ragazzi e le ragazze in qualche club dei lettori.