Prima persona plurale: la grammatica delle relazioni
Nel 2014 ho comprato L’incontro, un libretto di meno di cento pagine scritto da Michela Murgia. L’ho portato nella mia testa in questi anni con un sorriso sulle labbra, ricordavo soprattutto la comicità dei fatti raccontati e quando l’ho riletto in questi giorni l’ho scoperto una seconda volta. Certe volte vale la pena essere superficiali per avere una seconda occasione.
La storia è presto detta: Maurizio rimane per un’estate e un inverno nella casa dei nonni a Cabras (nel libro è denominato Crabas, in lingua sarda) e vive le esperienze della vita selvaggia dei ragazzini del luogo, dai quali riesce a farsi accettare. La comunità a un certo punto è spaccata dalla fondazione di una nuova parrocchia: il paese si divide tra parrocchie di appartenenza fino a terminare con una sfida tra le due comunità religiose per affermare ciascuna la propria identità. La parola identità è al centro di questo racconto, ma non è il tema, anzi. Il cuore di questo libretto di meno di cento pagine è infatti qualcosa di ben più prezioso, tanto caro a Murgia, la fratellanza costruita fuori dalla famiglia tradizionale e in particolare in quegli anni preziosi dell’infanzia in cui la condivisione delle esperienze stabilisce legami “familiari” che hanno a che fare con il sangue, ma quello che scorre dalle ginocchia sbucciate.
Perché leggere questo libro a scuola.
La scrittrice ragiona nel corso del libro sull’uso e sul valore del pronome “noi” a Crabas. Alla questione dedica in modo esplicito il secondo capitolo e poi lo declina nelle sue varie sfaccettature nel corso del racconto: il protagonista, Maurizio, attraversa diversi modi di sentire il “noi” fino a farne qualcosa di proprio. Il libro è interessante anche dal punto di vista della struttura narrativa, in quanto crea un parallelismo tra l’esperienza del gruppo di ragazzini e quella degli adulti. La scrittrice fa conoscere al lettore la comunità spezzata attraverso le parole dei suoi abitanti e delle loro azioni e quindi si presta molto bene a ragionare sul mostra, non dire e sulla presentazione indiretta del contesto in cui si muove Maurizio.
Da proporre nelle classi terze per una comprensione profonda dell’idea di fratellanza tra i giovani che giocano insieme e per le connessioni con il mondo e con la Storia.
Nelle classi seconde, comunque, si possono affrontare i temi del gruppo, dell’inclusione e della definizione del sé.
Tempi: Vista la brevità del racconto, il libro può essere letto ad alta voce dall’insegnante prevedendo circa cinque sessioni.
Accompagnamento alla lettura
Leggere l’introduzione senza commenti, l’intervento dell’insegnante deve solo sciogliere questioni legate a eventuali problemi di comprensione base del testo (lessico). – Far scrivere agli alunni cosa si aspettano dal racconto prima di iniziare a leggerlo, se l’introduzione li ha motivati o preoccupati.
Il primo capitolo introduce la figura di Maurizio, il protagonista, e la natura della relazione che instaura quando abbandona la solitudine della sua vita da figlio unico verso la sorellanza e fratellanza degli amici dell’estate a Crabas. – Chiedere agli alunni come interpretano le parole sorellanza e fratellanza.
Nel secondo capitolo Murgia introduce la questione del “noi” secondo come è percepita dagli abitanti di Crabas, sia gli adulti sia i ragazzini. Mediante l’esperienza di Maurizio si ripercorrono i passi necessari a comprendere che cosa significhi capire il significato per diventare parte di un “noi”. – In questo capitolo non dovrebbe essere difficile far condividere agli alunni le proprie esperienze personali su come gli adulti si relazionano con i piccoli usando il “noi”: quanto siamo cresciuti! – Far riflettere su quali sono le occasioni in cui gli studenti utilizzano la prima persona plurale: casa, scuola, attività sportive, gioco.
Nel terzo capitolo Murgia descrive la composizione eterogenea dei ragazzini che si ritrovano a Crabas in estate e l’estensione della prima persona plurale a tutti coloro che “fanno il gioco insieme”, indigeni, turisti e figli di emigrati che tornano a casa per le vacanze. – Chiedere agli alunni di ragionare su cosa pensano sia necessario per appartenere a un “noi” anche attraverso la descrizione delle loro esperienze personali.
I capitoli quarto e quinto raccontano la storia di un’impresa epica cui partecipano i ragazzini del gruppo: gli studenti lettori, a questo punto dovrebbero riuscire a ragionare e interpretare la funzione di questo lungo episodio che costituisce da una parte un vero e proprio rito di iniziazione per Maurizio, dall’altro la nascita di un racconto leggendario che entra nel patrimonio di narrazioni dei ragazzini di Crabas.
Nel capitolo sesto avviene la grande rottura della narrazione: il vescovo ha autorizzato la fondazione di una seconda parrocchia a Crabas. In questo momento si frantuma il concetto di “noi” che fino a questo punto la scrittrice ha costruito non solamente per i ragazzini, ma anche per gli anziani. – Soffermarsi sulla lettura delle ultime righe del capitolo quando alla richiesta di Maurizio su chi siano “loro”, gli altri, il vecchio Nonno Giacomo sentenzia: “Loro sono quello che non siamo noi”. – Chiedere agli studenti di esprimere una opinione sul comportamento della gente di Crabas che si divide tra i vecchi e nuovi parrocchiani. – Introdurre qui il concetto di identità escludente rispetto al senso di comunità fino ad ora descritto, chiedendo agli studenti di fare esempi precisi su chi loro sentono come estranei e chi facenti parte di un “noi”. – Per gli alunni della terza ragionare su quali sono i fenomeni che portano alla spaccatura, alla divisione alla costruzione dell’estraneità.
Nel capitolo settimo soffermarsi all’inizio sul concetto di centro e periferia, e quindi di rivalsa, alla base della divisione degli abitanti di Crabas. – Commentare come la scrittrice “argomenta” il cambiamento mostrando tutta una serie di esempi di comportamenti in controtendenza con quelli descritti nei capitoli iniziali. – Di nuovo porre l’attenzione sul “mostra, non dire” e sulla definizione del contesto attraverso una descrizione indiretta.
Nel capitolo ottavo nel gruppo dei bambini si specchia ciò che è avvenuto nella comunità degli adulti: il piccolo Franco va a fare il chierichetto nella nuova chiesa e abbandona il gruppo. – Maurizio quell’inverno soggiorna presso i nonni e salda le relazioni con il suo gruppo: è così che, nonostante non sia mai stato religioso, va a fare il chierichetto come completamento del suo processo di appartenenza. – Chiedere agli studenti se pensano di poter vivere lontano dai genitori con i nonni e gli amici; chiedere se quelle relazioni potrebbero sostituire, per un periodo non definitivo ma lungo, i genitori. – Gli studenti qui possono riflettere su quanto il desiderio di fare parte di un gruppo possa passare davanti alle proprie convinzioni o più semplicemente alla propria formazione.
Nei capitoli nove e dieci la storia si impenna in un climax che raggiunge l’acme con la processione dell’Incontro, in cui i due parroci si sfidano in un vero e proprio duello. In questo capitolo è messa in scena la frantumazione definitiva del “noi” ad opera dei due parroci, nonostante una soluzione finale del conflitto. – Chiedere agli alunni di descrivere le azioni dei due parroci e quindi dare una interpretazione dei gesti e delle loro parole, infine di mettersi nei panni della scrittrice per esprimere una valutazione sul perché decide di terminare la storia in questo modo.
Murgia chiude con un epilogo in cui il “noi” dei ragazzini si ricompone, ma ormai affiancato da un “io”, da un senso di individualità che oltre a provocare un sorriso nel lettore, forse lascia intendere anche che Maurizio non ha più bisogno di adeguarsi in tutto e per tutto al gruppo e che quindi è come dovrebbe essere.
Al termine
Proposta 1. Rilettura dell’introduzione e riflessione sul suo significato e se tale significato è effettivamente emerso dal testo.
Proposta 2. Dopo una discussione a livello di gruppi o di classe, ogni alunno scrive sul valore simbolico della caccia e/o della religione nella storia.
Nella mia prima vita facevo un altro lavoro, ma più di una persona mi chiamava prof. Non so se è stato il caso o il destino o la volontà, ma oggi sono un’insegnante felice nella scuola media Jacopo della Quercia di Siena.