La letteratura con il WRW
Letteratura alle medie
Nei primi anni di insegnamento ero solita assillare docenti amici e conoscenti per sapere come lavoravano e, come accade spesso, ero affascinata da coloro che mostravano il pugno di ferro e proponevano schemi rigidi e molto tradizionali. Non è strano, è più sicuro. Inserirsi nella tradizione è tranquillizzante: basta ripetere ciò che gli altri hanno fatto con noi, magari alle superiori. Si ricorda meglio, tanto i concetti sono quelli. Un’amica che insegnava in una zona “difficile”, di quelle in cui i ragazzini bisogna andarli a prendere a casa, mi diceva, poi, di essere l’unica a fare ancora letteratura nella scuola media perché gli altri colleghi lo ritenevano un obiettivo fuori dalla portata dei loro alunni. Insomma, prospettive diverse, cui se ne potrebbero aggiungere mille altre, solo per rimanere nella sfera delle esperienze personali.
Durante il mio primo anno di sperimentazione del WRW, ho continuato a fare letteratura nel solco della mia tradizione: argomento troppo scottante. Quando si fa una scelta radicale, però, diventa difficile poi tenere un piede in due staffe e quindi, ben presto, il problema di come fare la letteratura con il WRW è diventato irrimandabile. L’amica Linda Cavadini in quel periodo si era cimentata in un’operazione benemerita, quella di andare a ricercare nella tradizione della scuola italiana i momenti in cui la riflessione sulla lingua era stata particolarmente approfondita e innovativa. Linda, in quell’intervento, cercava di individuare le ragioni per cui tanto fermento d’idee si fosse dissipato nell’arco di pochi decenni: questo nodo resta ancora attuale per chi si interessi in modo non scontato dello stato della scuola di oggi.
Cosa c’entra questo con la letteratura alla scuola media? C’entra. I nostri maestri americani non hanno la nostra stessa necessità di confrontarsi con una storia nazionale della letteratura di quasi un millennio, in cui la questione della accessibilità della lingua diventa tutt’uno con i significati e le trame della narrazione. La tradizione italiana della Storia della Letteratura ha un valore epico identitario, ma anche un valore che potremmo definire “esistenziale”. Nell’ultimo decennio Federico Batini e Simone Giusti hanno dedicato a questo aspetto della letteratura buona parte delle loro ricerche e sperimentazioni. Tanti sono gli spunti che ne ho ricavato, ma senza dubbio quello che la letteratura aiuti a vivere è stato quello che ho trovato più stimolante. Non insegnare più la Storia della Letteratura, ma leggere la Letteratura. Questa semplice trasposizione permette di coniugare in modo quasi naturale la tradizione italiana con il metodo della Columbia. Far sì che i ragazzi si avvicinino al testo letterario come lettori e non come scolari mi è sembrata la chiave giusta.
Cosa mi aspetto nella lettura della letteratura a scuola e cosa non voglio più.
Come ogni programmazione che si rispetti, occorre partire dall’obiettivo per poi andare a ritroso, cercando i testi e gli strumenti migliori che conducano là dove si desidera andare. Allora ho preso il mio taccuino e ho iniziato a buttare giù le idee e ne è venuta fuori una lista che riporto qui sotto.
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Voglio che i miei alunni leggano i classici della letteratura con lo spirito con cui si legge un testo contemporaneo, cioè voglio che leggano e non che si scervellino. Ciò comporta che nella scelta dei testi io debba fare necessariamente una selezione non solo basata sui pilastri della nostra cultura nazionale, ma anche sulla accessibilità linguistica, intendendo con ciò non solamente un lessico non troppo distante da loro, ma anche una struttura delle frasi e dei periodi che sia in una certa misura comprensibile fin dalla prima lettura.
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Voglio che i miei alunni leggano i classici e riescano a identificarsi nei personaggi e nelle situazioni. Anche in questo caso occorre individuare quei testi che possono rimandare al vissuto di ciascuno o che contengano descrizioni di personaggi a tutto tondo che possano essere vissuti come esemplari.
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Voglio che i miei alunni leggano i classici per operare un decentramento verso luoghi, tempi, culture altre. Questo è l’obbligo morale che mi pongo nel momento in cui presento a ragazzini di dodici anni situazioni tipo della metà del Trecento, raccontate in una lingua della metà del Trecento. È questo il momento in cui devo introdurre gli strumenti elementari per la decodifica del linguaggio e una seppur elementare contestualizzazione storica, che permetta loro di spostare la loro esperienza in un spazio-tempo lontano.
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Voglio che i miei alunni giungano a una interpretazione autonoma del testo. Questa pretesa è la diretta conseguenza del “voglio n. 3”, ma allo stesso tempo è il momento in cui il RW si inserisce nella lettura dei classici a pieno titolo. La negoziazione dei significati, la ricerca individuale, a coppie o a livello di classe prima e poi la condivisione, fatta di esposizione personale e ascolto dell’altro, sono gli ingranaggi che caratterizzano la comunità di lettori che voglio creare, riproducendo quella stessa pratica consolidata nella lettura dei contemporanei. Ciò non significa però che qualsiasi cosa si possa dire, ma che si può dire qualsiasi cosa che rispetti l’autore e il periodo in cui esso è vissuto. Il vero e proprio decentramento avviene in questo momento, quando l’alunno deve indossare occhiali che gli permettano di mettersi nei panni dello scrittore, cercando di guardare la realtà con i suoi occhi.
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Voglio che i miei alunni leggano i classici come lettori, ma anche come scrittori. Ho potuto apprezzare come gli alunni rubino con professionalità gli spunti derivati dalla lettura dei classici. Mi ostino a incoraggiare coloro che hanno la spavalderia di fare propri Dante o Manzoni sia nelle strategie linguistiche, sia nelle immagini e perfino nei temi affrontati. Questo è il processo inverso al decentramento indicato sopra: è il momento in cui la letteratura diventa materia viva, esperienza vissuta, mezzo attraverso il quale interpretare se stessi e il mondo.
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Insomma, non voglio fare Storia della Letteratura, ma voglio che acquisiscano gli strumenti per interpretare in maniera autonoma ciò che leggono, classico o contemporaneo che sia, affinché ciò arrechi loro grande piacere.
Come lavoro
Il testo letterario è affrontato come un qualsiasi testo di lettura, senza presentare aspetti dell’autore che poi difficilmente potranno essere ritrovati nel testo. Insomma, non faccio un profilo della vita di Ludovico Ariosto seguendo lo schema classico delle biografie di grandi autori: vita, opere e fortuna. Prima della lettura, presento alcuni tratti salienti dello scrittore che possano avere anche un riscontro ben riconoscibile nella lettura dell’opera: per quanto riguarda Ariosto, ad esempio, ci si può soffermare sul difficile percorso umano di chi deve guadagnarsi da vivere in un modo che non è quello che avrebbe desiderato.
Perché la lettura di un’opera lunga e complessa come il Furioso sia gradevole e comprensibile è necessario affiancare alle parti da leggere in originale, scelti sulla base di quanto detto sopra, anche le riscritture; per restare nell’ambito del Furioso, fortuna vuole che si possa disporre della versione per ragazzi dell’opera di Italo Calvino, ma vi sono anche altre ottime riscritture per ragazzi più veloci ma comunque molto efficaci.
Dare l’esempio
Applicare il WR alla letteratura comporta che vi sia un intervento massiccio nella modellizzazione. Più che in altri contesti è necessario che il docente si ponga come medium fra l’opera e gli alunni: è fondamentale, infatti, storicizzare i contenuti e l’espressione linguistica, affinché questi non restino un esercizio slegato dalla lettura del testo. Soprattutto durante la prima fase della lettura dei testi in originale, è indispensabile un serrato accompagnamento da parte del docente che deve facilitare l’ingresso in una nuova lingua e realtà.
Questi sono i passaggi che mi risultano più funzionali:
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ragionare come, secondo me, l’argomento conduce ai diversi temi;
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offrire elementi per leggere il testo in volgare, senza mostrare la parafrasi, ma preparando un piccolo glossario o qualche nota;
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soffermarmi su punti che ritengo strategici (close reading) per la comprensione delle intenzione dell’autore: individuazione degli atteggiamenti contraddittori da parte dei personaggi, particolari rivelazioni di identità dei personaggi, oggetti magici ricorrenti;
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richiamare alla memoria degli alunni elementi già noti dal RW riguardo alla struttura della trama, al contesto, ai personaggi che possano essere individuati in episodi unitari e abbastanza brevi (Orlando e l’archibugio, il castello di Atlante, Astolfo sulla luna, ecc.).
Una sessione dopo l’altra sono inseriti sempre più elementi di coinvolgimento attivo nella lettura e nella interpretazione, attraverso strategie che non indichino però un percorso già tracciato, ma che stimolino l’interpretazione personale, senza fornire pacchetti precostituiti, specialmente se calati direttamente dall’alto della Storia della Letteratura. Ciò non significa che informare su alcune posizioni della critica non abbia la sua utilità, ma occorre evitare che diventi lo strumento della lettura. Si tratta, infatti, di alunni molto giovani che propendono a abbracciare soluzioni chiare e univoche piuttosto che restare nell’incertezza data dalla complessità dei punti di vista.
Per raggiungere i risultati descritti sopra ho cercato di stimolare negli alunni una serie di riflessioni, in particolare si è ripetuto con una certa costanza il seguente passaggio:
definizione dell’argomento→negoziazione dei temi→connessioni con il sé, con il contesto storico, con il contesto del lettore.
Qui di seguito uno schema della programmazione della lettura dell’Orlando furioso.
Strategie per concludere un percorso
Per concludere, la familiarità che si crea fra l’alunno e i personaggi dell’opera classica rivela quanto sia necessaria ai preadolescenti una lettura così complessa. Se accompagnati e soprattutto provocati alla riflessione e alla presa di posizione individuale, i ragazzi riescono a aggiungere vita ai personaggi e a farli diventare modelli, positivi o negativi che siano, sia nel loro tempo lontano sia nel tempo attuale.
Uno strumento che ho trovato estremamente funzionale e propedeutico al commento letterario è il “One pager“, in cui è richiesto all’alunno di usare testi e immagini per presentare l’argomento, il tema, le proprie impressioni personali, le connessioni con il proprio vissuto e con il mondo.
“Ariosto, avendo inserito tanti personaggi all’interno del racconto, riesce a cambiare zona da un momento all’altro, facendo diventare la mente del lettore caotica come quella di Orlando”.
“Tutti possono perdere la ragione nella vita reale, anche i cavalieri hanno un’anima”.
“Nella luna c’è tutto, ma è difficile da trovare. Nel castello di Atlante non c’è niente, ma ci vanno tutti”.
Attraverso le lenti della Letteratura
Quello descritto è un processo faticoso per chi insegna e per chi dietro i banchi si trova a decodificare, interpretare e fare proprio un testo che non è ammiccante e di facile consumo. Può essere arduo da parte del docente accettare osservazioni che esulano dalla tradizione o che rendono i protagonisti del Furioso personaggi di un talk show ( “…ma come fa Angelica a trattare così Orlando, ma ci dorme la notte?”), ma quando il contatto avviene in maniera quasi autentica, lo sforzo assume il significato più profondo di riflettere sull’oggi, stimolati dalla lettura di un testo senza tempo.
La formulazione di opinioni personali scaturita dalla connessione fra il testo classico e quanto accade nel mondo (“armi sempre più sofisticate e poco onorevoli e guerre fra cristiani e musulmani”) è la missione della cultura umanistica che, in una fase così precoce del corso di studi, travalica i confini della “semplice” Storia della Letteratura Italiana.
Riferimenti bibliografici
V. Roghi, La lettera sovversiva, 2017
Quaderni della Ricerca, Loescher
I. Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, Torino 1995
I. Fei, R. Petruccioli, Orlando furioso e innamorato, Roma 2014
Ringraziamo Loretta De Martin per la fotografia dell’olifante, scattata nel gennaio 2017 alla mostra Orlando Furioso 500 anni.
Nella mia prima vita facevo un altro lavoro, ma più di una persona mi chiamava prof. Non so se è stato il caso o il destino o la volontà, ma oggi sono un’insegnante felice nella scuola media Jacopo della Quercia di Siena.