Il viaggio della programmazione per sostenere esploratori della scrittura e della lettura.

Il viaggio della programmazione per sostenere esploratori della scrittura e della lettura.

L’esperienza della programmazione può essere molto frustrante soprattutto se questa non è preceduta da un’attenta riflessione sulle proprie convinzioni, sugli obiettivi e sull’analisi dei bisogni degli studenti nella nostra classe. Si può sentire viva la pressione della mole di lavoro che si vuole fare durante l’anno, immensa se paragonata alla reale disponibilità di tempo. Come fare?

Alpinismo e problem solving

Ci sono parallelismi tra problem solver e alpinisti: entrambi pianificano il percorso partendo dalla vetta della montagna, dalla situazione che si vuole raggiungere, ed entrambi procedono a ritroso, individuando i passi che dalla vetta portano a valle, alla situazione attuale da modificare.

Ricordo ancora chiaramente lo stupore provato leggendo Problem solving strategico da tasca, scritto da G. Nardone, che mi ha illuminata con questa immagine: fino a quel momento ero solita avere ben in mente dove volevo arrivare e poi lavorare a testa bassa, investendo moltissime energie, fino a raggiungere la meta. Spesso però mi trovavo costretta ad affrontare problemi ed intoppi che mi facevano sprecare tempo ed energie, ma soprattutto fiaccavano il mio umore. E la conquista dell’obiettivo era resa meno soddisfacente dalla consapevolezza (il fatidico “senno di poi”) che quei problemi si sarebbero potuti prevedere ed evitare. Avevo capito: dovevo fare come gli alpinisti (e i problem solver).

L’orizzonte comune

Il parallelismo quindi si può ampliare anche al docente efficace che durante l’estate inizia a programmare per l’anno scolastico che sta per iniziare, aggiungendo però una fase preliminare. Si tratta di una riflessione fondamentale da fare, sulla quale si basano tutte le azioni successive, quindi sarebbe opportuno dedicarci del tempo: si tratta di capire quali siano le nostre convinzioni di base rispetto alla nostra disciplina.

Quali sono gli scopi ultimi dell’insegnamento dell’Italiano?

Quali caratteristiche devono avere i miei insegnamenti affinchè riescano ad incidere nei ragazzi?

Quali sono le caratteristiche dell’insegnante ideale?

Si può passare poi ad individuare quali influenze condizionano il nostro modo di vivere la scuola e l’insegnamento dell’Italiano (per esempio il contesto sociale della scuola, le richieste dei dirigenti, le richieste del Ministero…) esplicitando come queste modificano il nostro approccio.

Una volta analizzati questi aspetti, che riguardano principalmente noi docenti, si deve andare a posare lo sguardo sui nostri compagni di viaggio, anzi, sui veri protagonisti del viaggio: i nostri studenti. Come sono? Quali bisogni hanno? Quali punti di forza posso sfruttare? Su quali aspetti devono ancora lavorare?

Certo, rispondere a queste domande non è semplice, soprattutto se si tratta di studenti che vedremo per la prima volta. Possiamo comunque avere un’idea di massima, basandoci non solo sulla nostra esperienza con i ragazzi di quella fascia d’età, ma anche sulle preziose informazioni che ci possono fornire i colleghi del ciclo precedente. Viene da sé che sarà comunque necessario lasciarsi del tempo per conoscere le giovani menti che avremo davanti (grazie a chiacchierate informali, consulenze individuali e di gruppo, questionari, annotazioni…) ed essere pronti a rivedere quanto deciso, per adattarci meglio a loro.

Dalla vetta a valle

Grazie a queste riflessioni abbiamo delineato il nostro orizzonte. Non ci resta che iniziare con la programmazione vera e propria.

Partiamo da una scomoda considerazione: non c’è tempo per fare tutto. Dobbiamo selezionare non solo cosa fare, ma quanto tempo dedicare alle varie attività e alla tipologia delle attività. Se avremo fatto la riflessione iniziale e individuato i bisogni della nostra classe, questa selezione sarà più semplice e più meditata, quantomeno saremo sereni nell’affrontare eventuali tagli.

Chiediamoci quali vette vogliamo far raggiungere ai nostri studenti, quali obiettivi perseguire. Una volta individuati, suddividiamoli in sotto-obiettivi o step, abbinandoli agli strumenti da utilizzare (nel nostro caso quali strategie di scrittura o lettura, mentor text, attivatori, quick write…). Il raggiungimento di questi traguardi permette anche l’acquisizione di conoscenze e competenze sociali, interroghiamoci su quali siano fondamentali e in che modo le attività che propongo in classe aiutino lo studente a consolidarle.

Solitamente si procede delineando quali percorsi affrontare durante l’anno (pochi, per poter andare a fondo: indicativamente tre per il reading e tre per il writing), dettagliandoli ed eventualmente modificandone alcuni aspetti mese per mese, a volte anche settimana per settimana, per poter incontrare i bisogni degli studenti proprio nel preciso luogo in cui sono.

Dobbiamo anche programmare inserendo l’imprevisto, cioè prevedere già in anticipo che qualcosa al di fuori del nostro controllo potrebbe accadere e far deviare il nostro piano. Flessibilità e adattabilità devono essere le nostre parole d’ordine. Può quindi essere utile inserire dei buffer days, come li chiama Angela Watson, delle giornate prestabilite, fissate ogni 15-20 giorni circa, in cui poter recuperare il lavoro, effettuare delle attività di recupero o, se tutto è filato liscio nei giorni precedenti, avvantaggiarci con le lezioni successive.

Mentre programmiamo e mentre siamo in cammino, non lasciamoci prendere dalla smania di fare, dall’ansia da prestazione, dai timori derivanti dal confronto con gli altri colleghi: come ho ben imparato, sbattendoci la testa, è molto alto il rischio concreto di guidare i nostri ragazzi solo in superficie, senza permetter loro di addentrarsi e padroneggiare le strategie, rendendoli ‘’turisti’’ della scrittura e della lettura, non ‘’veri viaggiatori ed esploratori’’. Tenere a bada l’ansia e il desiderio di vedere subito i risultati non è semplice, lo so, ma dobbiamo lavorarci, trovando un supporto anche nella maggiore consapevolezza che nasce dall’aver riflettuto e meditato sulle scelte e sulle motivazioni che ci guidano.

L’importante è non restare a testa bassa, aggrappati al nostro programma di viaggio: ci perderemmo la bellezza del percorso e difficilmente riusciremmo a cogliere gli stimoli e le necessità mutevoli dei ragazzi che stiamo accompagnando alla vetta.

I teach because there is an excitement and joy and suspense in the journey

Rebecca Alber

Bibliografia-Sitografia

Michael Friermood, The Thinker Biulder – Organize your literacy block without headache

Kelly Gallagher-Penny Kittle, 180 days. Two teachers and the quest to engage and empower adolescents,

Angela Watson, The Cornerstone for teachers

Giorgio Nardone, Problem solving strategico da tasca

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