Famiglie a confronto: una pista di lavoro per i gruppi di lettura nella secondaria di I grado
p. 245. Ricopio stralci da una riflessione della mamma della protagonista che ricorda alla figlia di non aver avuto sostegno dalla propria madre nei momenti peggiori. Quando è rimasta incinta e il marito era in prigione, ha ricevuto aiuto da un’anziana conoscente, che per un lungo periodo si è occupata dei suoi bambini come una nonna, mentre il fratello Carlos è stato il sostituto papà per i nipoti. Solo così lei ha potuto mantenere il lavoro. Eppure ha scelto di perdonare sia il marito sia la madre.
La tristezza si fa strada negli occhi di mia madre, ma le sue labbra si increspano nell’accenno di un sorriso. “Quando ero piccola, da ubriaca tua nonna faceva e diceva cattiverie, salvo poi chiedere scusa il mattino dopo. Ho imparato molto presto che le persone sbagliano, e che tu devi decidere se i loro errori sono più grandi del loro amore”.
“… tuo padre si è comportato male. D’altra parte tutti i suoi lati positivi, e l’amore che proviamo l’uno per l’altra, contano più di quel singolo errore.”
Resta impresso come una fotografia il ritratto del volto della mamma, perché tradisce il conflitto interiore che aveva attraversato in quegli anni, e ancora la ferisce, solo al ricordo. Capita anche a me di fare discorsi così ai miei figli e ai miei studenti. Momenti in cui abbiamo capito una verità che ci ha cambiato la vita. Come se bastasse condividerli per insegnare anche a loro quella verità!
I genitori della protagonista sono il punto di forza di questo libro perché ci vengono mostrati in una quotidianità viva. Mi sono piaciuti da subito. Imperfetti, con il loro passato ingombrante e le loro ossessioni legate ad esso, ma combattivi in modo costruttivo. Discutono ma sono trasparenti coi figli, non hanno argomenti tabù. Si sostengono anche nel disaccordo; litigano senza smettere di dimostrarsi affetto. Danno delle regole ai figli benché loro stessi le abbiano infrante nella vita che conducevano prima.
La famiglia è uno dei grandi temi di questo romanzo, sviluppato con sfaccettature anche più interessanti e realistiche rispetto a quello per cui è conosciuto e apprezzato: la vita degli afroamericani nei quartieri ghetto. A tratti ho pensato che tendesse a dare una lettura piuttosto semplificata: se non hai una famiglia a posto, finirai male di sicuro. In realtà esplora tanti stili familiari, diversi per le reazioni di ciascuno alla situazione estrema. Solo alcuni personaggi ne escono appiattiti: King ad esempio, il capo di uno dei gruppi criminali che controlla il quartiere, è un mostro come padre e marito così come nelle sue scelte di vita. Viceversa, la nonna del ragazzo ucciso all’inizio del libro è un esempio di personaggio realistico: forte davanti all’ennesimo colpo a cui fare fronte, lei che appunto ha sostenuto anche l’altra donna prendendola quasi in affido, si ritiene però una madre debole perché una delle figlie è da anni tossicodipendente. Non posso fare a meno di pensare che abbia cercato di compensare questo baratro donandosi completamento all’altra famiglia in difficoltà. Apprezzo molto quando una storia mette in scena personalità apparentemente contraddittorie: mi costringe a guardarmi attorno, tra le persone che conosco, a cercare in altri libri o a guardarmi dentro, per trovare possibili spiegazioni. In questo caso penso che sia una donna delusa dalla figlia ma contemporaneamente gravata da un grande senso di colpa. Mi resta la domanda su come riuscirà a rialzarsi dopo la morte del nipote. In parte l’autrice fornisce una speranza: la figlia tossicodipendente si farà viva dopo aver saputo dell’assassinio del figlio. Anche la possibilità di immaginare un futuro diverso per questi due personaggi è un segno che il libro va ben oltre una versione superficiale della realtà.
Di recente ho recuperato una lettura che ho molto amato da ragazza, Non tornare tardi di Paul Zindel. I protagonisti frequentano la high school in una cittadina di provincia e formano due coppie: quasi un antesignano di tutta la letteratura YA di cultura anglosassone che ormai leggiamo da tempo, tranne per una differenza sostanziale. Se penso a Green, alle numerose distopie, ai romanzi di Burgess, non posso che trovare in comune il dato dell’assenza quasi totale degli adulti. Zindel, invece, mette in scena più volte la vita famigliare dei quattro protagonisti, per mostrarci da dove hanno origine le loro riflessioni esistenziali, le ribellioni, quali sono i modelli da cui, più o meno consciamente, decidono di prendere le distanze. In particolare penso ad una cena cupa e straniante a casa di Dennis. Lui guarda in modo critico le regole e le abitudini della sua famiglia: il menù settimanale predefinito, il dovere di lodare e finire tutto quello che viene servito per rispetto alla madre, l’obbligo di masticare lentamente e in silenzio. Nessuno chiacchiera. Gli unici argomenti tra lui e i genitori sono le sue incombenze: il papà vuole sapere se Dennis ha svuotato i bidoni dell’immondizia e come li ha lavati. Questa è una famiglia in cui si è scelto di stare dentro routine consolidate; probabilmente i genitori non sono più in sintonia, sono finite le energie per sostenersi e provare insieme a conoscere i figli che crescono, con tutte le nuove sfide che questo comporta. Per continuare a tenere unita la famiglia si resta distanti, non c’è comunicazione. Oppure, più semplicemente, sono genitori vecchio stampo, convinti di fare bene restando all’interno di ruoli definiti. Ognuno conosce soltanto le proprie gioie e i propri dolori, nessuno condivide.
Non importa quale sia l’interpretazione giusta: il nodo è che il lettore riesca a guardare questi genitori nel modo in cui li vede il figlio. Il personaggio non sa rispondere ai dubbi che mi pongo io, lettrice adulta: è un adolescente e non ha l’esperienza di vita per provare a comprenderli. Sa soltanto di cosa lui avrebbe bisogno e si confronta con quei due modelli per capire che persona vuole diventare. Purtroppo in questo romanzo troviamo calore e affetto soltanto nella famiglia di Maggie. Anche in questo caso, l’autore sembra dirci che si salvano dalla catastrofe solo i giovani che hanno un dialogo con gli adulti, che mantengono intatta la fiducia e sanno chiedere aiuto al momento giusto.
Mi viene in mente per contrasto la cena a casa di Mary Lou in Due lune di Sharon Creech. La famiglia di Mary Lou è numerosa e chiassosa e l’autrice, direi divertendosi molto, ci mostra come reagiscono in questo contesto la protagonista Sal, che è figlia unica e sta affrontando l’abbandono da parte della madre, e Phoebe, la terza amica invitata quella sera. I fratellini di Mary Lou fanno cadere i piatti ma non vengono sgridati; la quantità di burro sulle patate scandalizza Phoebe, abituata solo a cibi sani. È un momento molto caotico che sconcerta le due ragazze, abituate ad atmosfere ben più fredde e controllate. Infine, i genitori di Mary Lou spariscono dopo il pasto e, invece di tenere a bada i figli piccoli, sgattaiolano sul tetto del garage tenendosi per mano.
Anche in questo caso, le ragazze osservano i comportamenti degli adulti restando in superficie, per niente interessate a comprenderne le motivazioni originarie. Il lettore scopre solo insieme a loro che anche gli adulti hanno emozioni e conflitti interiori tra cui districarsi mentre cercano di tenere insieme anche la famiglia e la coppia.
Un lettore adolescente ha un’esperienza molto vicina a quella di questi personaggi: vive un’altalena tra progressivo allontanamento e avvicinamento ai modelli di adulti che lo circondano, cercando una propria versione originale.
Per rendere più stimolante il confronto, posso fornire ad alcuni gruppi la scelta fra romanzi di cultura europea, come quelli di Marie Aude Murail (Crack, Oh boy e il più recente Lupa bianca, lupo nero) o di Benedetta Bonfiglioli (Pink lady e Tutte le cose lasciate a metà). L’ambientazione vicina al nostro quotidiano rende più semplice entrare nei personaggi ma, al contempo, più tosto fare paragoni con le nostre famiglie, accettare di guardare davvero in faccia reazioni che potrebbero essere le loro o quelle dei loro genitori. Non ci avevo mai pensato ma forse è anche per questo che preferiamo leggere romanzi stranieri, perché interpongono tra noi e quelle storie come uno schermo che allontana.
Fino a qui, la rielaborazione del mio taccuino, annotazioni di agosto.
Durante il primo mese in presenza con la prima e la seconda, ho riscontrato che sono entrambe mature per questo percorso. Sono già lettori motivati e stanno velocemente costruendo nuove competenze grazie al fatto che ho scelto di dedicarci solo alla lettura fino alla fine di ottobre. Spero di riferire più avanti i risultati di questi club di lettura!
Docente di lettere presso la Scuola secondaria di I grado G. Fassi di Carpi (MO), è cofondatrice insieme a Jenny Poletti Riz ed Elisa Turrini di “Italian Writing Teachers”. Studiosa in continua ricerca, svolge attività di formatrice sul Writing and Reading Workshop.