Del malinteso sui percorsi a tema
Settimana del rientro a scuola, quella manciata di giorni in cui sul profilo Facebook del gruppo IWT si concentrano richieste di titoli di albi illustrati da leggere a bambini e ragazzi con storie incoraggianti per rilanciare in chiave positiva tematiche quali cambiamento, nuove esperienze, viaggio e scoperta, comunità e diversità e così via. Puntualmente nasce il confronto, vogliamo sperare costruttivo, sulla necessità di scegliere storie che accolgano i lettori portandoli a cogliere e condividere significati con autenticità. Che è ben diverso da quando io docente porto un libro che parla di uno dei temi elencati sopra e chiedo loro di condividere relative opinioni ed esperienze.
Se parto dal tema, non sto facendo letteratura, sto spiegando quel tema secondo diversi punti di vista. Se parto da una buona storia e offro ai lettori strategie di comprensione e analisi, questo è fare letteratura.
È una semplificazione estrema, volutamente provocatoria, della differenza fra i due approcci: può apparire molto sottile, quasi capziosa, e invece è discriminante tra didattica tradizionale, in cui il docente fornisce subito la chiave di lettura di un testo, e fare davvero laboratorio, preparare il terreno per far crescere una comunità ermeneutica.
L’esperienza che racconto è la settimana di accoglienza che ho passato con i miei alunni di seconda della secondaria di primo grado. Ho scelto di cominciare con Tutto cambia, di Anthony Browne (Link a anteprima libro); amo molto la sua opera, ma da questo titolo non mi ero lasciata coinvolgere a tal punto da decidere di portarlo in classe. Poi il mio sguardo è cambiato, senza voler fare giochi di parole, grazie proprio al confronto con altri lettori. Ne aveva proposto la lettura la collega Jenny Poletti Ritz, durante un incontro di formazione del nostro dipartimento di italiano. Quella mattina mi ha chiesto: Dani, ti va di mostrare tu come leggiamo un albo in classe? Impossibile tirarsi indietro (fatelo almeno una volta un gruppo di lettura coi colleghi, fatelo!), così l’intero dipartimento mi ha aiutata a penetrare meglio nel meccanismo geniale con cui Browne fa funzionare immagini e testo.
In classe leggo l’albo proiettando la scansione sullo schermo ma lo mostro anche camminando fra i banchi. La prima lettura si protrae per quasi un’ora perché restiamo a lungo nella negoziazione di significati che emergono dal confronto fra testo e immagini. La tensione è alta fino alla pagina finale, benché l’ipotesi dell’arrivo di un fratellino fosse già uscita e confermata dal ricorrere del simbolo dell’uovo. La rilettura è infatti un ritornare, ancora divertiti, sulle immagini che hanno impressionato di più, sulle parole che già svelavano, ma subito non abbiamo compreso. Notiamo così che l’uccello che esce dal pallone mutato in uovo è una cicogna. Qualcuno si accorge che sulla TV è appoggiata una foto di famiglia che ricorda il quadro appeso dietro il divano (loro non ne hanno riconosciuto l’artista, come invece era successo coi colleghi, ma lo individuano come un simbolo di maternità). Ma è una domanda folgorante di Laura a ridefinire la pista interpretativa. Timida ma tenace, consapevole che il dubbio e l’opinione di ciascuno vengono valorizzati sempre, come generativi di idee, trova il coraggio di buttare lì qualcosa che non la convince:
– Ma io non capisco: possibile che un bambino grande come lui non sa che sta per nascere una sorellina?!
Eccome se lo sa! Lo conferma il ricorrere dei simboli legati alla nascita. Quindi non è quella la fonte di ansia. La discussione decolla così verso un’indagine più approfondita della parte testuale e ci porta per forza a chiederci se gli oggetti mutanti esistono per davvero. E capiamo piano piano che non sono gli animali a spaventarlo, quelli non ci sono per davvero: è la sua ansia per le parole del papà che lo porta a immaginarli. Le sue paure prendono corpo così.
Ripropongo una terza volta l’albo nei giorni successivi e disegno alla lavagna l’iceberg dei sentimenti (1) che prova Joseph, per andare oltre l’ansia, quello che manifesta più in superficie. Ne individuiamo tanti, tutti negativi: la rabbia contro se stesso per non avere capito la frase del papà; la rabbia verso il papà che è uscito di casa dicendo una frase poco chiara; il timore di essere inadeguato rispetto a questo cambiamento incombente. Finché interviene Davide, quello che otto volte su dieci capisce lucciole per lanterne ma non si arrende mai e ci riprova. Nello specifico di questo libro, uno dei fraintendimenti tipici suoi è quando alla terza lettura chiede:
– Ma se lui uscisse dal muro di cinta del giardino, cosa succederebbe quando incontra il grosso gorilla? Solo dopo un ennesimo chiarimento del vero focus del libro, non l’arrivo di una sorellina, bensì fare fronte ad una situazione ignota, Davide prende di nuovo la parola:
– Io penso che nella base dell’iceberg dei suoi sentimenti c’è anche la curiosità. Perché ho notato che quando vede gli oggetti cambiare intorno a lui, poi il testo dice che va fuori a vedere se lì invece le cose vanno meglio. Allora è curioso, ha il coraggio di andare a vedere, anche se ha paura.
Ha ragione: c’è anche questo sentimento positivo. Se così non fosse, vedremmo Joseph chiudersi in camera al buio immediatamente dopo le prime metamorfosi. Invece è soltanto la bestia gigante che immagina fuori dal muro di cinta del giardino che lo fa fuggire di nuovo tra le pareti di casa, al chiuso.
Racconto ai ragazzi che anch’io sto vivendo nella mia vita un cambiamento che mi spaventa: ero felice perché avevo tutto ciò che desideravo, vorrei tornare indietro invece che proseguire verso un nuovo equilibrio, ma a queste mie parole una saggia amica mi ha insinuato il dubbio che forse no, forse non avevo tutto. E davanti a questo dubbio io ho visualizzato un’immagine: la tavola finale di Tutto cambia, appunto, quando la famiglia di Joseph si riunisce sul divano e il bimbo, sorridente, tiene la sorellina per la prima volta tra le braccia. Ho pensato che lui non sapeva che la sorellina gli mancava nella sua vita; l’ha scoperto in quel momento lì! Prima di un cambiamento hai paura; dopo ti domandi come fosse la vita prima, perché non la concepisci più senza quella novità. So di essermi svelata molto: non per forza il thinking aloud richiede a noi docenti o ai ragazzi di fare connessioni personali se non è nelle nostre corde. In questo caso, conoscendo bene la classe, ero certa di potermelo permettere. La comunità, partecipe e rispettosa, è già stata creata l’anno scorso, e infatti alcuni seguono il mio modello di condivisione e spontaneamente parlano di sé.
Laura e Filippo ci tengono a sottolineare che rispetto ai cambiamenti anche loro si sentono così: vorrebbero restare come sono. Elisa invece, anche lei rabbuiata, si dichiara poco soddisfatta di com’è ora perché da qualche mese ha delle difficoltà, ma non sa in che modo cambiare, eppure lo vorrebbe.
Ho raccontato la ricchezza di letture diverse che ho ascoltato in due settimane di lavoro su questo stesso libro con diversi gruppi, e pensare che non mi piaceva nemmeno.
– Beh, grazie: lei è un’esperta, prof! Ribatte qualcuno. E si guadagna una bella lezioncina su come non serve essere un esperto di letteratura per mettere la propria esperienza al servizio del significato: basta essere una persona, come appunto ha fatto Davide che ha ritrovato un pezzetto di sé nella curiosità di Joseph. Aiutando anche me a cogliere meglio le sfumature con cui Tutto cambia affronta un presente di equilibri in mutamento, ovvero la resilienza, non solo il panico iniziale. L’esperta interviene solo in seguito, portando eventualmente un patrimonio di altri testi simili, seguendo le suggestioni che sono risultate più stimolanti.
La scuola troppo spesso ingozza di contenuti gli studenti. Da quando, a vario titolo, sono entrati a scuola enti esterni, anche i temi educativi sono proposti con la modalità di ingozzare: affettività e sessualità, cittadinanza, legalità e sviluppo sostenibile, le ricorrenze civili, giorno della memoria della lettura della violenza di genere… Ormai le case editrici inseguono la necessità dei docenti di avere materiale per affrancarsi da questi doveri imposti, senza per lo più una riflessione didattica preliminare, e sfornano a ritmo serrato biografie di grandi personalità o narrativa pensata ad hoc. Se non è buona letteratura, non è lo strumento con cui un vero lettore si possa appassionare ad una tematica tanto da lasciarsi influenzare nella costruzione del proprio pensiero o comportamento.
Un albo che esplora il tema del viaggio non farà sul serio sentire ai primini che stanno iniziando un percorso se quel libro non li ha appassionati; da lettrice, so che non sarò coinvolta del tutto se mi hanno già spiegato cosa devo cogliere da una storia (evito di leggere i risvolti di copertina dei romanzi e mi dà estremamente fastidio un anticipo della trama che vada oltre le prime pagine!). E soprattutto: se il tema è ciò da cui parto, che competenze di comprensione e analisi sto sviluppando nei miei ragazzi?
Così, alla fine della nostra esperienza con Browne, ho letto Vetro, di Silvia Vecchini e Cristina Pieropan. Il filo rosso era chiaro tra i due testi ma emerge ben presto anche un notevole scarto. Non solo trattano cambiamenti di tipo diverso, ma i protagonisti stessi hanno diversa consapevolezza di cosa li aspetta, quindi diverse reazioni. È piaciuto al punto che hanno raccolto persino la mia sollecitazione a riflettere sulle tecniche adottate nelle illustrazioni, i collage e l’alternarsi di colore e carboncino, in che modo amplificano e arricchiscono il senso del testo.
Eppure la serie di albi che ho poi deciso di leggere a voce alta nei prossimi mesi in realtà non seguirà questo tema, bensì la strategia che Browne ha esplicitato solo attraverso le immagini, sconfinando nel racconto surreale, ovvero l’oggettivazione delle angosce o delle fantasie del personaggio attraverso fenomeni che solo lui vede. Si tratterà di un percorso intertestuale, alla scoperta di come è stata elaborata da altri autori. Questa strategia è già una minilesson di analisi del personaggio che hanno ora come loro patrimonio, ma quando leggerò gli altri, che elenco in conclusione, non lo esplicito di certo che hanno tutti questo tratto che li accomuna. Sarà interessante esplorare insieme le sfaccettature che assume, scoprire anche il narratore inaffidabile come uno dei possibili sviluppi. Mi chiedo, davanti alla stupefacente visione di Dante, cosa ne penseranno!
Cito solo i primi titoli che mi sono venuti in mente: Cane nero di Pinfold, una corsista ha suggerito L’inventore di sogni di McEwan, ho pensato di cercare una riduzione de La metamorfosi di Kafka che possa essere adatta senza sminiuire il testo, Voci nel parco e Nel bosco sempre di Browne, che per loro saranno riletture che daranno un ulteriore spessore a questo lavoro! Probabilmente Jumanji di Van Alsburg, il racconto di Claudia Durastanti all’interno della raccolta La fuga ed Erick, racconto di apertura della raccolta Zucchero e sale di Benedetta Bonfiglioli. Alcuni li leggeremo insieme e altri invece li lascerò in biblioteca di classe. A voce alta faremo un lungo percorso con Il selvaggio di Almond e McKean, che propongo sempre in seconda ed è un livello di complicazione ulteriore poiché inserisce anche il tema del doppio. E i romanzi di Almond, e quei capolavori che sono Sette minuti dopo la mezzanotte di Patrik Ness e Siobhan Dowd, L’estate dei segreti perduti di Emily Lockhart, o Mike di Andrew Norris, verranno poi presentati a mano a mano che si arricchisce la biblioteca di classe.
- Capita, in qualche giornata fortunata, che le strategie nascano durante l’attività in classe. Ho pensato questo organizzatore grafico anni fa, quando con la prima classe con la quale sperimentavo il laboratorio facevo educazione all’affettività. Il manuale che seguivo (non ricordo quale fosse, perché si tratta di un autore, Marco Maggi, particolarmente prolifico) proponeva di aiutare la costruzione dell’empatia immaginando che quando una persona esprime un sentimento in realtà noi vediamo solo la punta di un iceberg: sotto a quella manifestazione superficiale, ad esempio la rabbia, covano sicuramente altri sentimenti, a volte contrastanti. Ho applicato il tutto anche ai personaggi di fiction e si è rivelata una strategia efficace per comprendere meglio le loro reazioni e scelte successive.
Docente di lettere presso la Scuola secondaria di I grado G. Fassi di Carpi (MO), è cofondatrice insieme a Jenny Poletti Riz ed Elisa Turrini di “Italian Writing Teachers”. Studiosa in continua ricerca, svolge attività di formatrice sul Writing and Reading Workshop.
Questo articolo è prezioso e illuminante. Splendido. Mostra molto e dice quanto è essenziale per capire la differenza tra lavorare sui temi e educare lettori. È bellissimo entrare nella classe di Daniela e ascoltare il fior fiore del dialogo ermeneutico con i ragazzi intorno all’albo “Tutto cambia”. La gratitudine da parte mia per questa perla è tanto grande quanto il desiderio di imparare a quest’arte. Grazie
Ti ringrazio Lisa per il feedback: quando cerchiamo di portare esattamente quello che accade in classe lo scopo è proprio dare esempi concreti del nostro ruolo nel laboratorio. Sempre più defilato, in ascolto verso di loro e con l’obiettivo di rilanciare sempre nuove proposte. Buon lavoro!