Strategia in medias res
Uno degli aspetti più rivoluzionari del WRW, si può dire il fulcro da cui prendono le mosse tutte le azioni che si concertano nel laboratorio, è la massima attenzione al processo. Al processo di lettura come a quello di scrittura, al passo dello studente più brillante come a quello del più circospetto. Rendere visibile il processo, nominarne ogni passaggio, supportarlo passo passo con strategie mostrate esplicitamente e feedback mirati: tutto concorre a formare lettori e scrittori consapevoli di sé e perciò in grado di compiere scelte autonome e responsabili.
Una delle domande che più spesso si fa l’insegnante alle prime armi con il WRW è: dove trovo le strategie da insegnare ai miei alunni lungo il dipanarsi del processo? Certo esistono repertori di strategie che sono miniere e offrono spunti eccezionali, ma occorre affidarcisi con l’accortezza di calarle nell’autenticità del processo reale che si ha davanti: quello del mio alunno in consulenza, quello degli alunni della mia classe durante un percorso. Di che cosa hanno bisogno, loro, qui e ora? Il consiglio è perciò sempre di progettare un percorso con cura, ma mantenendo la flessibilità per variare in corsa, se necessario, e restando in ascolto.
Quanto sia vitale, in questo cammino, attingere alla propria consapevolezza di lettore e scrittore esperto, risulta evidente. Leggo le bozze e mi domando: dove si inceppa, il processo di scrittura di questi studenti? Come posso supportarli? Quali strategie metto in atto, in quel punto del processo, io scrittore esperto?
È così che sono arrivata a mettere a punto la strategia che illustro in questo articolo. Nell’ambito del percorso sul racconto autobiografico avevo illustrato ai ragazzi (una classe seconda secondaria di primo grado) la strategia «Pensieri e sentimenti», come anche «Rallenta!» e «Mostra, non dire», ma mi sono resa conto che le loro bozze tendevano ancora troppo ad appiattirsi sul racconto dei fatti, tutt’al più qualcuno appiccicava alla cronaca qualche «ero molto nervoso», o il solito «è stato tanto divertente». Scommetto che sapete di che cosa parlo.
Il fatto è che non basta fornire una strategia una sola volta, soprattutto se si tratta di una strategia complessa che chiede di dare tridimensionalità a un testo: le strategie cruciali vanno riproposte ancora e ancora perché davvero vengano interiorizzate, in percorsi diversi, in anni diversi, ma anche all’interno dello stesso percorso, in consulenza o con una minilesson che la declini ulteriormente.
Come posso aiutare i miei studenti a trovare la profondità in ciò che hanno vissuto, e a concretizzarla nella parola scritta? mi sono domandata. E ancora: quando scrivo come faccio, io? La risposta è nella procedura che ho insegnato ai ragazzi attraverso la minilesson che presento per esteso di seguito. Il titolo nasce dal fatto che propongo proprio di intercettare pensieri, sensazioni e sentimenti vissuti nel momento raccontato, e anche dalla discussione che avevo da poco affrontato con i ragazzi, in fase di immersione, circa il potere che ha l’immedesimazione sul lettore.
Come dicevo la minilesson nasce nell’ambito di un percorso sul racconto autobiografico, ma è tranquillamente esportabile in qualsiasi altro genere narrativo.
MINILESSON: Immedesimati per far immedesimare
Abbiamo avuto modo di dire che, per far arrivare forte e chiaro il proprio messaggio, lo scrittore deve puntare a far immedesimare il lettore nel personaggio, che così “vede coi suoi occhi”, “sente quello che lui sente” e arriva anche a comprendere meglio il suo pensiero.
Oggi vi mostrerò come fare per ottenere questo risultato.
Il trucco è, nei momenti topici del nostro racconto, chiudere gli occhi e soffermarci il più possibile a richiamare alla memoria come ci siamo sentiti nella situazione che stiamo narrando, o, se non ci ricordiamo, provare a immaginare di essere lì proprio ora, passando in rassegna corpo anima e mente e facendoci delle domande precise a riguardo:
Cosa sento nel corpo? Il cuore cosa fa? Le mani? La schiena? Le gambe? Come posso descrivere le sensazioni fisiche? Ronzii, fuochi, sudori, mollezze, rimbombi… dove si collocano? Se mi mancano le parole che immagini posso creare? Sentivo le ginocchia come… La mia testa era… Avevo nello stomaco…
Cosa sento nell’anima? Non “dire” esplicitamente il sentimento, o l’emozione: mostralo! Non dire “sentivo una grande ansia”, ma inventa un’immagine per rappresentarla (per esempio “mi sentivo come se avessi avuto una bomba a orologeria dentro la pancia, pronta a esplodere”); non “ero tanto felice”, ma per esempio “era come se un centinaio di palloncini colorati avesse preso il volo dentro il mio petto”…
Che pensieri mi affollano la mente? Dubbi, domande, paure, ricordi, cose che vorrei dire, ragionamenti, riflessioni…
CONDIZIONI FONDAMENTALI PERCHÉ FUNZIONI:
Non avere fretta
Visualizza la scena con tutti i dettagli e proprio immergiti, attiva l’immaginazione
Passa in rassegna con calma corpo, anima, mente
NON ESAGERARE: un’immagine ben azzeccata funziona meglio di troppe
Cerca con calma le parole giuste per rendere l’idea!
(Nelle precedenti lezioni avevo usato come mentor, a più riprese, un racconto autobiografico scritto da me, quindi è stato semplice riprenderlo ed evidenziare insieme i punti in cui era evidente che avevo seguito proprio il processo appena illustrato per dare spessore ai fatti.)
PROVIAMO?
1) Chiudete gli occhi e seguitemi nell’immaginazione guidata (a questo punto guidate, letteralmente, l’immaginazione dei ragazzi con la vostra voce: pensate, in anticipo, a una scena che possa per loro essere al contempo familiare e molto emozionante – i genitori che scoprono una bugia, un compagno che prende in giro, uno spasimante che si dichiara… ancora una volta basatevi su ciò che sapete dei vostri alunni – e create l’ambientazione con quanti più dettagli possibile per consentire a ciascuno di immedesimarsi, di sentirsi davvero lì, in quell’istante; poi riproponete le domande appena viste su corpo, anima, mente.)
2) Ora sul taccuino raccontate di getto la scena.
3) Condivisione
D’ora in avanti ricordate: nei momenti più tosti del vostro racconto soffermatevi, tornate «lì», passate in rassegna corpo, anima e mente per far immedesimare il vostro lettore!
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Dopo questa minilesson, un numero più nutrito dei miei alunni è riuscito a rendere i propri racconti meno piatti e noiosi, arricchendo il proprio bagaglio di strategie di un nuovo tassello.
Vive e insegna (alla secondaria di I grado) in un paesino della campagna fuori Milano; ama smisuratamente il proprio mestiere, il buon cibo in compagnia e i preadolescenti, arruffati pellegrini dell’età dell’indefinitezza e della ricerca. Forse perché si vive lei stessa sempre in cammino: a volte arranca – soprattutto da che un preadolescente ce l’ha in casa -, altre si gode il viaggio.