Tra poesia autobiografica e multiscena. Un percorso in classe terza

Tra poesia autobiografica e multiscena. Un percorso in classe terza

Il contesto

Nel presentare qualsiasi percorso non si può fare a meno di illustrare il contesto in cui è stato sviluppato, questo per il carattere unico che ha ciascuna esperienza didattica. Ogni attività a scuola è solo adattabile, non replicabile in toto e il docente deve saper dominare le possibili variabili nella sua azione in classe. Il percorso di cui vi parlerò è stato sviluppato in una classe terza che per tre anni ha affrontato la lettura e la scrittura con l’approccio pedagogico del Reading and Writing Workshop e che, da subito, è stata immersa in testi letterari. Credo nel proporre ai ragazzi testi che loro possano comprendere da soli, ma al contempo ritengo necessario sfidarli con racconti più stratificati, propri della tradizione letteraria, svincolati però da un approccio di storia delle letteratura e di analisi della poetica dell’autore. Questa è la ragione per cui nella mia classe abbiamo letto poesie di Antonia Pozzi, Giovanni Pascoli, Alba Donati fin dalla prima, oppure racconti di Buzzati, Moravia, Ginzburg. Poi ci sono opere letterarie (penso alla Commedia, all’Iliade, alle novelle di Verga, al romanzo di Lussu, ai Promessi Sposi) che abbiamo affrontato in modo intensivo, ma questa è un’altra storia, un altro articolo.

Il percorso che mi accingo a raccontare inizia nel primo periodo dell’anno in terza, quando cioè i ragazzi sono terrorizzati dalla scelta della futura scuola e noi docenti dovremmo accompagnarli non già a capire che corso di studio intraprendere, ma ciò che sono diventati, ciò che sanno e sanno fare, i loro limiti e le loro risorse.

Prima di progettare mi sono domandata: quali testi ci possono aiutare a riflettere su questo tema? Come e perché gli scrittori hanno parlato di sé? Quale tipologia testuale possiamo affrontare per raccontare come siamo cresciuti, per scrivere il nostro “racconto di formazione”? 

La scelta è caduta sull’immersione in alcuni racconti e sulla scrittura del testo multiscena, come vedete riassunto nel planning dell’intero percorso.  Si tratta di un progetto che ha occupato tutta l’intera prima parte dell’anno e prendeva le mosse dalla riflessione sui nuovi scenari che si sarebbero aperti davanti a loro, sulla possibilità di scrivere di sé prima attraverso la poesia e, solo in seguito, mediante la prosa.


Il multiscena parte prima, l’immersione

Con il termine multiscena si intende un testo che rappresenta alcuni momenti della biografia di ciascuno, raccolti in modo tale  da sviluppare una tesi di partenza.

Un esempio paradigmatico di multiscena è il racconto Un colpo di fortuna di Roald Dahl (da Un gioco da ragazzi ed altre storie, Salani editore) in cui Dahl racconta gli eventi fortuiti che gli hanno permesso di diventare scrittore e stila un elenco delle caratteristiche che deve avere uno scrittore, tra cui primeggia “avere una fervida immaginazione”.

Il multiscena ha una struttura fissa: si tratta di individuare episodi rilevanti all’interno di un tema e, nel caso del percorso che vi descriverò, l’arco temporale scelto è stato quello dei tre anni alla scuola media.

Scrivere un memoir permette agli studenti di esplorare le esperienze della loro vita, le scelte fatte, “di esaminare e riflettere sui significati nascosti degli eventi che hanno suscitato in loro emozioni” (Heather Lattimer, Thinking Through Genre): significa selezionare e portare l’attenzione su episodi piccoli e indipendenti, vivi nella memoria, come suggerisce Zinsser in Scrivere bene.

Allo stesso tempo leggere le storie di altri permettere loro di crescere come lettori e di diventare più riflessivi e di sentirsi meno soli: “cercare somiglianze tra le loro esperienze e le esperienze descritte nel memoir permette agli adolescenti, che spesso si sentono confusi e dibattuti, di sapere che non sono soli in questa battaglia” (Thinking Through Genre).

Nella scelta dei testi mentore, tuttavia, c’è una prima grande difficoltà: trovare testi che abbiano qualità letteraria e trattino argomenti vicini ai ragazzi. E questo è molto difficile, perché, solitamente, gli scrittori di memoir scrivono da adulti, inserendo riflessioni che sono proprie dell’età adulta, o descrivono situazioni degne di essere vissute e perciò distanti dai ragazzi.

Nella mia ricerca di testi ho provato a prendere in considerazione biografie di adolescenti, come Bebe Vio o alcuni dei più famosi youtuber; purtroppo però mi sono trovata di fronte a testi in cui la qualità della scrittura generalmente è bassa, con abuso di  linguaggio giovanilistico e con poca cura della forma; libri scritti in fretta, in cui ciò che preme è raccontare l’esperienza e colpire a livello emotivo. Invece il compito della scuola è mostrare le infinite possibilità della scrittura, la bellezza della ricerca fatta sulla parola: so che è più complesso, ma so anche che il nostro compito è proprio quello di essere facilitatori linguistici, di aiutare i ragazzi a comprendere. Noi dobbiamo portarli alla letteratura o portare la letteratura a loro e ciò che rende un testo in grado di restare nel tempo non è ciò che viene raccontato, ma come l’autore ci dipinge la realtà che ha davanti.

Nell’elenco dei miei mentor troverete i testi in ordine di difficoltà: Dahl è solo apparentemente comprensibile a tutti, soprattutto perché non necessita di spiegazioni sul contesto storico come avviene per Ferro di Levi, ma è indubbio che per avvicinare i ragazzi al testo è bene farli ragionare su cosa significasse vivere in un collegio, su come fosse diverso il rapporto coi docenti, sulla libertà di scorrazzare in giro che avevano i ragazzi dei primi del Novecento.

Prima di tuffarci nella scrittura, però, abbiamo ripreso i nostri testi autobiografici scritti in prima e seconda: in prima avevano raccontato e descritto una persona importante della loro vita, in seconda un momento ritenuto importante. I ragazzi se li sono scambiati e riletti, notando come fossero cresciuti come scrittori: confesso che è stato molto stimolante vederli ragionare come “tecnici” della scrittura sui testi scritti pochi anni prima.

La sfida ora era mantenere la precisione e il ritmo nella narrazione dell’episodio, ma aumentare le sequenze riflessive, le considerazioni a posteriori, come avviene nei testi presentati come modello, anche se resta vero che autori come la Ginzburg e Canetti riducono al massimo la riflessione e il commento, anzi è la scelta stessa dell’episodio a fornirci una chiave di volta per l’interpretazione.

Nel libro Fuori da Noi di Giovanna Zoboli si racconta del ritrovamento delle cartoline del nonno, in un’estate afosa dell’Appennino: è un “semino” ben costruito che abbiamo preso a modello per quegli avvenimenti piccolissimi che però fanno la differenza nel ricostruire la nostra vita. E così nel multiscena di Margherita hanno trovato spazio la matita sbeccata, Leonardo che gliel’ha temperata di nascosto, i segnalibri disegnati a pop up (che poi mannaggia non ci stanno nel libro); Marco ha raccontato, invece, il profumo delle lasagne della nonna che segnava la fine delle mattine odiate a scuola; il semino di Amelie è stato il batticuore durante il ballo della scuola e l’aranciata rovesciata sul vestito.

Attraverso l’immersione abbiamo vissuto dentro le storie di altri, goduto delle parole, dello stile, ripassato le caratteristiche del genere e le tecniche narrative.

Come esempio di multiscena ho usato anche un testo multimediale come la canzone: Ti ricordi Michelle di Claudio Lolli, esempio magistrale di racconto di un’amicizia tra due bambini attraverso immagini e quadri (i pantaloni corti, la scuola e il banco in terza fila, la scazzottata, la partenza e l’addio): i ragazzi hanno ricostruito, mediante lo storyboard, i quadri della canzone, analizzando le parole dense usate e la descrizione di colori e suoni.

Il multiscena: ora scriviamo

È così che siamo stati pronti a partire con il laboratorio di scrittura, secondo la solita scansione: prescrittura, bozze, revisione e pubblicazione.

Nel planning trovate  alcuni attivatori che ho proposto, ma qui vorrei parlarvi di un attivatore che appartiene alla fase di pianificazione: riscrivere attraverso storyboard i momenti che verranno poi raccontati nelle nostre bozze.

A sinistra dovevano rappresentare con uno schizzo l’episodio, ponendo sopra le didascalie (dopo tre anni di “visualizza” in questo sono diventati bravissimi) e a destra ho chiesto di riassumere in poche frasi ciò che volevano descrivere, poi alla fine di mettere un titolo all’intero storyboard.

Questo storyboard ha costituito la bussola per scrivere l’intero testo: l’aspetto più complesso è stato trovare il filo, il tema che volevano sviluppare e che ho chiesto loro venisse ben esplicitato nel finale.

Secondo la consueta routine abbiamo poi lavorato a trasformare le frasi dello storyboard in testo. Le minilesson, come vedete nel planning, hanno trattato i seguenti ambiti: la struttura del testo, i personaggi, il lessico, la sequenza riflessiva.

Da tempo poi inserisco minilesson grammaticali nel momento della revisione: ciò permette ai ragazzi di concentrarsi su un solo aspetto per volta e intervenire. In terza oltre a minilesson sull’ortografia, sull’uso dei pronomi (per sconfiggere la dannata tendenza al “che” polivalente) e sulla consecutio temporum, provo a inserire qualche elemento di stilistica (uso della paratassi, controllo della ipotassi, uso delle ripetizioni).

Considerazioni finali

Il multiscena è un testo difficile, o meglio è molto difficile a quattordici anni raccontare la propria vita e non perché non si abbiano argomenti, ma perché manca il distacco necessario. Molti di questi racconti rischiano di diventare sfogatoio per l’egocentrismo tipico degli adolescenti, per questo è importante che noi insegnanti mostriamo loro la misura nella scrittura, l’importanza di partire da fatti concreti, da semi di scrittura.

C’è da dire che mentre tutti riescono a individuare i momenti che hanno a cuore e a descriverli utilizzando tecniche con cui hanno familiarità, molto più difficile è legarli tra loro in modo coerente e coeso, proprio perché manca loro una visione di lontano.

Tuttavia, insegnare a scrivere memorie aiuta gli studenti a imparare a guardare agli episodi passati e a selezionare ciò che interessa loro, diventando consapevoli che raccontare di sé è sempre un’operazione soggettiva e relativa.

 

Bibliografia

Sul memoir e il WRW

Manuali di scrittura

Mentor text tratti dai seguenti testi

Condividi


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *