Riflessioni sul filo rosso della responsabilità: le scelte che cambiano i personaggi.
Il mio incontro col WRW, così come per molti altri colleghi, ha rappresentato la risposta all’esigenza forte che già avvertivo da qualche anno: la possibilità di portare al centro del mio insegnamento la lettura (e la scrittura), alla quale ho sempre attribuito un valore assoluto, sia come momento fondamentale per l’apprendimento sia come attività che accompagna nella vita. Spesso mi sono soffermata sulle parole delle Indicazioni nazionali in cui all’insegnante viene affidato l’obiettivo non facile di contribuire a creare “lettori per la vita” e, finalmente, avevo trovato una pratica didattica, pedagogicamente valida e metodologicamente efficace, attraverso cui farlo. La sperimentazione in classe, prima in piccole dosi, via via in maniera sempre più completa e sistematica, mi ha dato conferma.
Nel mio cauto procedere, ho dato precedenza a tutto ciò che era più vicino al mio modo di fare scuola: la lettura ad alta voce e la lettura individuale le praticavo già da anni, avevo eliminato la classica ora di narrativa e cercavo di non proporre i compiti usuali (quelli cosiddetti di comprensione, inseriti nelle schede a fine capitolo), dedicavo parecchio tempo alla condivisione e alla discussione delle impressioni e delle riflessioni su ciò che si leggeva. Usavo l’antologia in maniera tradizionale per affrontare lo studio del testo narrativo e non fiction. Grazie al WRW le mie intuizioni su ciò che andava modificato o addirittura radicalmente cambiato hanno trovato conferma e sostegno e oggi mi pare di insegnare finalmente davvero la Lettura!
Restano ancora diversi scogli da superare, sfide che mi attendono nel prossimo futuro per consentire ai miei studenti quella pratica della lettura profonda che tanto mi sta a cuore. Una di queste è sicuramente la proposta dei circoli di lettura. Nel suo articolo “Non chiamiamoli club del libro. Circoli di lettura a scuola” Silvia Pognante mette giustamente in guardia dalla “forte attrattiva” che essi esercitano, evidenziando il rischio che tale attività possa facilmente trasformarsi da “calamita” in “calamità”. In effetti i circoli di lettura rappresentano un’occasione importante in cui gli studenti possono confrontarsi tra loro e in maggiore autonomia ma, proprio per questo, mi pare che ad essi bisogna dedicare una preparazione ancora più accurata e puntuale. In poche parole, penso che come insegnante devo essere assolutamente sicura di padroneggiare tutti gli aspetti legati a questa attività affascinante ma decisamente complessa, prima di proporli in classe. È indispensabile da parte mia una riflessione approfondita. Non sono mai stata brava a tenere nota delle mie letture. Sono una lettrice avida, vorace. Faccio fatica a fermarmi durante. Semmai scrivo alla fine, di getto, tutto ciò che quella lettura mi ha smosso dentro.
L’articolo di Daniela Pellacani “Famiglie a confronto. Una pista di lavoro per i gruppi di lettura nella scuola secondaria di I grado”, pubblicato di recente sul blog, mi ha acceso una lampadina su un “esercizio” che ho fatto a partire da alcune mie letture e che mi pare abbia molti punti in comune con le riflessioni riportate da Daniela… una delle poche volte che ne ho tenuto traccia!
Il filo rosso che lega e che mi ha fatto stabilire connessioni tra tre romanzi e un racconto è il fatto che i protagonisti si trovano tutti dinanzi alla necessità di compiere una scelta di responsabilità. Una scelta che cambierà totalmente la loro vita, la loro percezione di sé e degli altri, il loro ruolo nel mondo.
Annabelle, ne L’anno in cui imparai a raccontare storie di Lauren Wolk, lo dichiara subito nel prologo: «L’anno in cui compii dodici anni, imparai che quello che dicevo e facevo era importante. Così importante, a volte, che non ero sicura di voler portare un simile fardello sulle mie spalle. Ma me lo accollai ugualmente, e lo portai come meglio potevo». Nell’evoluzione del personaggio, Annabelle delinea con pochi tratti quale fosse il suo rapporto con la verità all’inizio della storia: «Il nonno era un uomo serio e mi diceva sempre la verità. Non sempre la volevo sapere, in realtà, ma a volte ero io a chiederla».
Annabelle impara che la verità ha un prezzo e che per gli adulti è spesso frutto di un compromesso.
Sébastien, uno dei due protagonisti di Reato di fuga di Christophe Léon, si trova da solo ad affrontare la realtà di un padre codardo e irresponsabile, che ha investito una donna e non si è fermato a soccorrerla. Sebastien deve decidere chi vuole essere. Dice a se stesso: «Vado? Non vado? Ma che ti viene in mente? No, devo andare: io non sono come mio padre!»
Non sa ancora cosa fare di preciso, non sa dove lo porteranno le sue azioni quasi istintive, ma capisce in modo inequivocabile chi non vuole essere.
La solitudine dell’altro protagonista, Loic, il figlio della donna vittima dell’incidente, è invece di altra natura, così come le scelte che fa. Improvvisamente deve crescere, deve diventare adulto. Deve, non ha altre chance. È sua la responsabilità di “essere il figlio della propria madre e farle da padre al tempo stesso”. Ma mentre sono chiare le motivazioni e le cause che spingono Sebastien a cercare un contatto con Loic e con sua madre, meno chiaro è il motivo per cui Loic si avvicina a Sebastien. Vuole un amico che non faccia continuamente riferimento al suo momento difficile, all’incidente, alle condizioni della madre? Forse si rivede in Sebastien, che è più giovane di lui? Forse cerca di capire se stesso attraverso l’altro? O semplicemente vuole essere trasportato in un mondo più piccolo, (apparentemente) più spensierato, in cui NON DEVE essere adulto?
L’autore sceglie una originale soluzione: i capitoli dedicati a Sebastien sono narrati da lui in prima persona; quelli dedicati a Loic, sono invece in seconda persona. Forse questo è funzionale a restituire lo sguardo rivolto a se stessi in modo differente dai due protagonisti.
Anche davanti a Starr, protagonista di The hate U give, di Angie Thomas, si pone un percorso doloroso. Starr è una adolescente “normale” costretta da un evento terribile a guardarsi dentro e intorno, a scoprire la sua identità, a scegliere la strada che vuole seguire, a posizionarsi in modo netto rispetto alla sua realtà. La scelta che Starr deve compiere a servizio della verità non coinvolge solo lei. La sua esperienza si colloca all’interno di un contesto più grande. L’ingiustizia di cui è testimone e vittima non riguarda solo lei ma la sua gente, un intero popolo che lotta da secoli contro la discriminazione. Qui è il contesto che diventa fondamentale per comprendere l’evoluzione del personaggio, la sua presa di coscienza identitaria, non solo individuale, ma di appartenenza etnica.
E quando il protagonista fa una scelta sbagliata? Per antitesi mi viene in mente il racconto La cosa giusta di Fabio Geda. Ecco l’incipit: «Andrea pensò che Monica aveva ragione: era la cosa giusta da fare. Sapeva chi era stato e avrebbe dovuto – spifferarlo?- no, raccontare, raccontare com’era andata, ciò che aveva visto». Alla fine, seduto davanti al preside, Andrea pensa che «l’estate era lì e lo stava chiamando» col suo “cielo azzurro…”, la “pelle calda e ore lunghissime”. E decide di non dire niente. Sa qual è la cosa giusta ma decide di tacere per quieto vivere, per non stravolgere la sua esistenza di adolescente.
In mente mi vengono altre connessioni. I personaggi de I Promessi sposi sono esempi sfaccettati dei diversi atteggiamenti dinanzi alle scelte: chi sceglie di non schierarsi, chi non sceglie mai e si lascia trascinare, chi sceglie il male e chi di espiare per tutta la vita una scelta sbagliata.
Mi pare che il tema che accomuna questi e tanti altri personaggi della letteratura sia rispondente a esigenze “sentite” dai miei alunni. Il prossimo anno avrò una terza media e, credo, possa essere il momento giusto per la proposta di letture per riflettere su se stessi, sui propri cambiamenti, per orientarsi, avendo la possibilità di immedesimarsi in personaggi che crescono e decidono chi essere.
Anna Sardone
Vive a Lampedusa dove ha deciso di trasferirsi ormai 15 anni fa travolta dall’amore per questa isola. Insegna presso la scuola secondaria di I grado L. Pirandello ed è volontaria della Biblioteca Ibby dei bambini e delle bambine. La sua passione sono da sempre i libri. Il suo obiettivo è lavorare affinché, anche attraverso i libri, le ragazze e i ragazzi possano diventare cittadini onesti, consapevoli e critici.
Siamo un gruppo di docenti di Lettere della Scuola Primaria, Secondaria di Primo e Secondo grado provenienti da regioni, città e scuole diverse.
Ci accomunano la passione per l’insegnamento, la voglia di metterci in gioco ed il desiderio di fare dei nostri studenti scrittori competenti e “lettori a vita”.